La sinistra in piazza tra liti e distinguo: il fronte dei pacifisti italiani si sbriciola, il Pd sotto accusa

4 Mar 2022 9:52 - di Mia Fenice
pacifisti

I pacifisti italiani non trovano pace. Tornano in piazza a Roma per chiedere un immediato “cessate il fuoco” in Ucraina. Ma la manifestazione di domani scatena liti e distinguo: c’è chi si sfila e chi resta. La scelta di Enrico Letta di sostenere la svolta europea e il sì all’invio di armi all’Ucraina colpita da Putin crea mal di pancia e coliche tra i pacifisti. La manifestazione promossa dalla Rete Italiana Pace e Disarmo è fissata per le 13.30 a piazza della Repubblica da cui sfilerà un corteo che raggiungerà piazza San Giovanni. Tantissime le adesioni: dalla galassia dell’associazionismo ai movimenti, dal mondo cattolico ai sindacati. Ma qualcosa non quadra, si litiga sulle parole e sulle formule da usare.

I pacifisti si dividono

A raccontare le tensioni che arrivano dal mondo pacifista italiano è  Domani. Nel volantino della piazza si chiede la «condanna dell’aggressione russa», il «cessate il fuoco», gli «aiuti umanitari», l’«accoglienza ai profughi», il «negoziato sotto la guida dell’Onu» e «una politica di disarmo e di neutralità attiva». Alla fine nella serata di mercoledì, scrive il quotidiano, è stato cancellato dagli slogan il “no” all’invio delle armi italiane, decise dal decreto Ucraina 2. Poi però arriva la marcia indietro. Nel documento esteso di convocazione della manifestazione, riporta sempre il quotidiano, si legge: «Dobbiamo prodigarci per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralità attiva ed evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate e fermando le forniture di armamenti». Un concetto che viene ripreso anche dalle altre organizzazioni. L’Arci scrive: «Dall’Italia, dall’Europa, dalla comunità internazionale devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari».

I sindacati si dividono: la Cisl si sfila

Ma i sindacati non trovano la quadra e si dividono. Maurizio Landini, leader della Cgil, si schiera contro l’invio delle armi all’Ucraina. La Cisl si sfila. Il segretario Luigi Sbarra, scrive il quotidiano, in serata manda una nota: viene ribadita la solidarietà al popolo ucraino, ma «al punto in cui siamo la testimonianza da sola non può bastare. Tanto più se tale testimonianza rischia di essere inquinata da pesanti pregiudizi e derive ideologiche che sottintendono una sostanziale equidistanza tra le parti in guerra, che ci allontanano dallo spirito della manifestazione di sabato 5 marzo a Roma». E così: «Dopo un lungo confronto con tutte le associazioni partecipanti alla Rete della pace e disarmo e dopo innumerevoli tentativi di modificare una piattaforma irricevibile ci vediamo, nostro malgrado, costretti a non procedere con un’adesione formale della Cisl alla manifestazione. Non possiamo certo riconoscerci in parole d’ordine come “neutralità attiva”».

Il Pd cerca di spegnere le polemiche

Il Pd cerca di spegnere le polemiche. L’immagine di un fronte pacifista sfaldato, scrive La Stampa, non piace a nessuno. Dal Partito democratico sottolineano che «ci possono essere opinioni diverse sugli strumenti per sostenere l’Ucraina e la resistenza di quel Paese, ma l’importante è l’obiettivo comune».

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