Processo Saguto, il Pg: «A Palermo c’era sistema tentacolare nella gestione dei beni mafiosi»

24 Feb 2022 13:21 - di Redazione
Saguto

«C’era un rapporto corruttivo tra Silvana Saguto e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara». Inizia con queste parole la requisitoria nel processo d’appello a carico di Silvana Saguto, l’ex-potentissima magistrata che gestiva a Palermo i beni sottratti alla mafia. Lui, Cappelano Seminara, era invece il “re” degli amministratori giudiziari di Palermo. Tutti imputati insieme a Lorenzo Caramma, consorte della Saguto. Il verdetto di primo grado ha comminato condanne pesanti: 8 anni e 6 mesi alla giudice, 7 anni e 6 mesi a Cappellano Seminara, 6 anni e 10 mesi al professor Carmelo Provenzano e 6 anni e 2 mesi a Caramma.

Silvana Saguto gestiva i beni sottratti a Cosa Nostra

La stessa pena inflitta a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario. A Maria Ingrao e a Calogera Manta, rispettivamente moglie e cognata di Provenzano, 4 anni e 2 mesi. Un po’ meno (4 anni) al colonnello della Dia Rosolino Nasca, mentre a 3 anni ammonta la pena inflitta a Francesca Cannizzo, ex-prefetta di Palermo. A seguire Emanuele Caramma, figlio della Saguto (2 anni e 8 mesi). Come lui Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna. Sanzione più mite, 1 anno e 10 mesi, a Walter Virga, avvocato ed ex amministratore giudiziario. Tutti insieme formavano, secondo la definizione che ne diedero i pm del primo grado, un «sistema perverso e tentacolare».

La svendita delle Bmw a Gela

A dare impulso alle indagini, non fu il servizio delle Iene, ma da un’intercettazione del 2014 in una concessionaria automobilistica tra un dipendente e un finanziere. Il primo si lamentava di aver venduto 10 Bmw al prezzo totale di mille euro, praticamente cento euro a vettura. Da non credere. Infatti, chi ascoltava pensò alla svendita come il frutto di un’estorsione e trasmise tutto da Caltanissetta a Palermo. Qui la Procura avvia un’indagine e scopre che la concessionaria che regalava le Bmw era la Nuova Sport Car, posta sotto amministrazione giudiziaria. Sei mesi dopo la Saguto, che aveva il compito di gestire i beni confiscati alla mafia, finiva nel registro degli indagati. Una volta ritornati in possesso del salone automobilistico, i proprietari hanno lamentato perdite per 6 milioni di euro. Gli effetti della “cura Sagunto”.

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