Aggressione a Niccolò Bettarini, la Cassazione nella sentenza: fu feroce, potevano uccidere

22 Feb 2022 17:32 - di Redazione
Bettarini

Nelle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha confermato le condanne degli imputati, responsabili della brutale aggressione ai danni di Niccolò Bettarini, la Suprema Corte conferma: stante la dinamica, l’agguato poteva essere letale. Tanto che i i giudici della prima sezione penale della Cassazione nero su bianco rilevano: «Deve evidenziarsi che il giudice di appello ha ritenuto che la condotta tenuta in danno di Niccolò Bettarini era astrattamente idonea a realizzare l’evento morte. In particolare, il giudice ha considerato il numero degli aggressori. La violenza. Il quantitativo dei colpi inferti. Le zone del corpo attinte, parti vitali come il polmone e il fegato».

Aggressione a Bettarini, la Cassazione conferma: poteva essere letale

Ai giudici è bastato descrivere la modalità dell’aggressione per argomentare nelle motivazioni il perché dell’inammissibilità dei ricorsi che gli imputati hanno presentato. E per emettere un verdetto che, lo scorso 18 giugno, ha confermato le condanne per tentato omicidio aggravato. In relazione all’aggressione dell’1 luglio 2018 contro Niccolò Bettarini, figlio dell’ex calciatore e della conduttrice tv Simona Ventura, accoltellato all’uscita della discoteca Old Fashion a Milano. I supremi giudici, con la sentenza pronunciata a giugno, avevano dunque confermato la sentenza d’appello per due dei 4 imputati che avevano presentato ricorso per Cassazione. Davide Caddeo, condannato a 8 anni, e 6 anni e 4 mesi per Albano Jakej. Definitive anche le pene a 5 anni e 6 mesi per Alessandro Ferzoco e a 5 anni per Andi Arapi.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici sottolineano la ferocia dell’aggressione

Non solo. Gli “ermellini” sottolineano nelle motivazioni della sentenza «le risultanze della perizia, dalla quale sono emerse la gravità di alcune delle ferite (per profondità e per zone del corpo attinte). E la dinamica dell’aggressione (alla luce della localizzazione di una ferita sul braccio destro, attestante l’atteggiamento difensivo di Niccolò Bettarini)». Oltre alla «circostanza che l’evento morte non si è verificato per fattori indipendenti dalla volontà degli imputati. Come l’intervento degli amici della vittima o dei soccorsi».

Aggressione a Bettarini, nessuna preoccupazione, nessuna remora, né durante né dopo l’agguato

Quanto a Jakej, infine, «il giudice ha espressamente valutato la frase “ti ammazziamo” pronunciata inizialmente dall’imputato» – scrivono i togati della Cassazione – valutando «l’assoluta ferocia con cui fu perpetrata l’aggressione. E la circostanza che, dalle registrazioni audio effettuate sul taxi, risulta che Jakej si vantava. Senza manifestare alcun segno di preoccupazione in relazione a quanto avvenuto». Una ferocia che, a leggere la sentenza, avrebbe segnato il prima, il durante e il dopo l’aggressione. E di cui i responsabili sono chiamati a rispondere.

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