Orrore a Milano, stupro in ascensore. La picchia, la deruba, ne abusa: è un clandestino libico espulso

19 Gen 2022 9:30 - di Greta Paolucci
Stupro Milano

«Stai zitta o ti ammazzo»: quelle parole, pronunciate dal suo aguzzino, sono solo l’inizio dell’inferno vissuto da una donna di Segrate stuprata nell’ascensore dello stabile in cui abita da un clandestino libico con precedenti di polizia e un ordine di espulsione firmato dal Questore lo scorso settembre. Un inferno lungo otto, interminabili minuti di abusi, di schiaffi inferti sulla tempia, di minacce, di terrore. Milano fa paura: la sua giungla metropolitana sembra essere davvero fuori controllo. E la cronaca, che rimanda quotidianamente episodi di violenza e aggressività brutale, rimanda della “città da bere” un’immagine di vulnerabilità e paura.

Milano, stupro in ascensore: l’aggressore è un immigrato libico espulso a settembre

Brutalità e terrore: come vissuto dalle vittime che hanno subito le violenze delle belve di Capodanno. Come nell’aggressione al vigile disarmato e pestato da un gruppo di giovani senza scrupoli: una banda mista di skater di Bolzano e stranieri. Violenza e paura inflitte alla donna di Segrate, bloccata e abusata nell’ascensore da un immigrato libico senza fissa dimora con precedenti di polizia e un ordine di espulsione pendente. «Lo imploravo di smettere, ma continuava. Mi diceva di stare zitta o altrimenti mi avrebbe ammazzato», ha raccontato la vittima ancora sotto choc per l’agguato e la ferocia subiti. Un episodio che risale al 21 dicembre scorso, ma emerso con le denunce del Corriere della sera e de Il Giornale solo nelle scorse ore.

Stupro a Milano: la segue, la picchia, la immobilizza e la minaccia

E allora, stando a quanto riportano i siti citati, la donna stava rincasando dopo aver preso parte a un corso di cucina serale quando, entrata in ascensore, avverte la presenza di uno sconosciuto. L’uomo probabilmente era in attesa di una preda da assalire. Tanto che la vittima racconta ai magistrati Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro al lavoro sul caso, «sentivo la porta da cui ero entrata poco prima sbattere. E subito compariva un ragazzo che in tutta fretta si fermava tra le porte dell’ascensore, bloccandolo». Da quel momento comincia lo scempio: il clandestino inizia a colpirla ripetutamente sulla tempia. La stordisce e la depreda degli effetti personali: lo smartphone e il denaro che la donna ha nel portafogli.

Poi, dopo averla derubata, l’aguzzino la minaccia e l’abusa

Ma è dopo la razzia che arriva il peggio. Quando lo sconosciuto si slaccia i pantaloni e fa chiaramente intuire le sue prossime intenzioni. Contro le quali a nulla valgono le suppliche della vittima che prega l’uomo di lasciarla andare. «L’ho implorato più volte di non farmi del male, ero pietrificata dalla paura. Pensavo di morire», ha raccontato la donna agli inquirenti. E per quegli infiniti 8 minuti di abusi e di terrore. Di percosse e di minacce, probabilmente non avrà pensato altro. Lo straniero le continua a ripetere ossessivamente «Stai zitta o ti ammazzo». Di più, denuncia la vittima: «Mi minacciava che non avrei dovuto dire nulla facendomi credere che mi conoscesse, dicendo che aveva parlato di me col portinaio», amplificando e dilatando nel tempo le intimidazioni e la paura di successive, ulteriori ritorsioni.

Milano, lo stupro in ascensore è solo l’ultima impresa criminale di un volto noto alle forze dell’ordine

Il resto è la cronaca di una fuga e di un arresto tempestivo. L’uomo fugge. La donna rientra in casa e dà l’allarme ai carabinieri. Le tracce di dna dell’aggressore lasciate sugli abiti della vittima. Le registrazioni delle telecamere di video-sorveglianza. Le indagini lampo avviate dai militari fanno il resto. Individuato un profilo genetico ben preciso, gli uomini identificano e rintracciano l’immigrato libico 31enne responsabile dell’aggressione. È un volto noto alle forze dell’ordine: è già stato in carcere svariate volte, l’ultima a Vigevano. E risulta destinatario di un ordine di espulsione che il questore ha firmato lo scorso settembre. Intercettarlo e arrestarlo è questione di poco: e ora lo straniero è in carcere. Ma per la sua vittima quegli 8 minuti non passeranno mai.

 

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