Il padre di Luca Attanasio: quegli arresti in Congo sono un bluff, dubbi anche alla Farnesina

20 Gen 2022 9:23 - di Paolo Lami
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Gli arresti in Congo di quelli che le autorità locali definiscono, con troppa enfasi, gli assassini di suo figlio, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ucciso ucciso il 22 febbraio 2021 nel corso di un agguato assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo non lo convincono. Così come a Salvatore Attanasio non convincono tante altre cose di questa vicenda che le autorità congolesi vogliono cocciutamente chiudere in fretta anche se ci sono ancora molte tessere del puzzle che non si incastrano.

“Per arrivare così vicini a Luca e alla sua scorta, è chiaro che qualcuno all’interno della sua cerchia ristretta deve aver passato delle informazioni sensibili – ragiona in un’intervista a ‘Il Messaggero‘, il padre del diplomatico. – Quella mattina, mio figlio non ha avuto scampo. Era tutto premeditato e organizzato: lo stavano aspettando”.

Ma non è solo questa la cosa strana. C’è dell’altro. “In questi mesi poi sono emerse ulteriori tracce come quella di alcuni documenti spariti, altri compromessi“.

Quell’agguato scattato nel Parco Virunga in Congo sta facendo emergere, a distanza di un anno, troppe stranezze.

“Anche per la Farnesina gli arresti del commando dell’altra sera sollevano molte perplessità, tanti dubbi“, prosegue Salvatore Attanasio con riferimento alla notizia dell’arresto di sei persone, indicate dalla polizia della provincia orientale del Paese come membri della banda armata che avrebbe organizzato il rapimento di Luca Attanasio.

La ricostruzione ufficiale delle autorità congolesi racconta che la banda, una delle tre finite attenzionate e di cui fanno parte gli arrestati, era intenzionata a rapire l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, che, in quel momento, era in viaggio assieme al carabiniere Iacovacci, in una zona pericolosissima del Paese, sotto la responsabilità del Pam, il programma alimentare delle Nazioni Unite che, tuttavia, non aveva previsto alcun dispositivo di protezione per il diplomatico e il militare dell’Arma che lo accompagnava.

Una circostanza stupefacente che ha portato la Procura di Roma ad iscrivere sul registro degli indagati un funzionario del Pam.

“Il caso sulla morte di mio figlio è ancora aperto – dice il papà di Luca Attanasio. – Questi arresti sono un bluff, non spiegano il movente: non sono una risposta“.

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