Il Covid ha aumentato le diseguaglianze: autonomi e giovani i più colpiti dalla pandemia “economica”

21 Gen 2022 17:06 - di Riccardo Pedrizzi *

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

La crisi connessa con la pandemia di Covid-19 ha colpito più duramente le persone con un basso livello di competenze, con poca esperienza lavorativa, o in cerca di un impiego.

Questi effetti negativi prodotti dalla pandemia nel mondo del lavoro secondo la Memoria della Banca d’Italia illustrata alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati nel corso dell’Indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze potranno continuare a manifestarsi anche nel medio periodo e se non contrastati potrebbero aumentare.

Le misure di distanziamento sociale ed i timori di contagio hanno colpito duramente, interessando in modo particolare i settori dei servizi di cura della persona, il turismo, le attività ricreative e i trasporti, perché le possibilità di lavorare a distanza sono state maggiori per le occupazioni del terziario avanzato, caratterizzate da retribuzioni più alte e posizioni lavorative stabili.

In Italia, prima della pandemia, il lavoro a distanza era meno diffuso che negli altri paesi avanzati, per cui nel 2020 si è registrata una crescita molto marcata in tutti i settori dell’informazione e comunicazione e delle attività finanziarie e assicurative. Dopo il forte aumento registrato all’inizio della pandemia, la quota di lavoratori a distanza è rimasta elevata anche nei periodi di diminuzione dei contagi e di riapertura delle scuole. I lavoratori da remoto hanno potuto cosi lavorare più ore rispetto ai colleghi in presenza con caratteristiche simili. Ciò ha permesso loro anche di percepire retribuzioni più elevate.

La crisi, invece, ha avuto ripercussioni più marcate sull’occupazione autonoma e su quella dipendente a termine. Nel primo trimestre del 2021 infatti il numero di occupati autonomi era del 5 per cento inferiore rispetto a un anno prima, mentre il calo tra i dipendenti è stato più contenuto (-2,1 per cento) e si è concentrato nella componente a tempo determinato, ove maggiore è la presenza di giovani, donne e stranieri.

Le posizioni a tempo indeterminato sono state maggiormente tutelate perché priva di costi per i datori di lavoro, – sottolinea Bankitalia – per l’introduzione del blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.

La pandemia ha generato effetti nettamente più sfavorevoli per i giovani, i meno istruiti e gli immigrati: il calo del tasso di occupazione è stato pari a 2,9 per cento per i lavoratori con meno di 35 anni e a 0,6 per gli altri; ha raggiunto 1,1 punti per quelli non laureati, contro 0,3 per i laureati; si è attestato a 3,5 punti tra i cittadini stranieri e a 0,5 per quelli italiani. L’occupazione femminile, già fortemente minoritaria nel nostro Paese, più concentrata in impieghi precari, si è contratta in modo più marcato rispetto a quella degli uomini. Inoltre tra le donne inattive, è aumentato significativamente (90.000 unità) il numero di quelle che dichiarano di non poter accettare un impiego a causa degli impegni familiari, incrementati durante la pandemia.

La conseguenza è che il reddito lordo delle famiglie si è ridotto del 2,8 per cento nel 2020, che si aggiunge alla riduzione di quello dei redditi netti da proprietà (-2,9 per cento).

Il calo dei redditi familiari sarebbe stato di 4 punti superiore in assenza dei trasferimenti, di cui hanno beneficiato quattro nuclei su dieci nei primi tredici mesi di pandemia.

Gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro hanno quindi ulteriormente alimentato le disuguaglianze di reddito tra i nuclei familiari, nonostante gli interventi degli ammortizzatori sociali, (28,4 miliardi di euro, pari al 1,7 per cento del PIL nel 2020).

Le conseguenze di queste difficoltà hanno contribuito al calo senza precedenti dei consumi delle famiglie (10,7 per cento nel 2020), attribuibile anche alla riduzione di alcune spese dovuta alla riduzione della vita di relazione.

La quota di famiglie di povertà assoluta, secondo i calcoli del nostro Istituto Centrale, è salita di 1,3 punti percentuali al 7,7 per cento, raggiungendo il valore massimo dall’inizio del 2005.

Ma gli effetti della pandemia non si fermano al piano economico, perché si abbatteranno in particolare sui più giovani: episodi di non occupazione comportano la perdita di formazione sul posto di lavoro. A questo si aggiunge il rischio che l’utilizzo diffuso della didattica a distanza possa aver danneggiato in modo particolare gli studenti provenienti da contesti più svantaggiati.

Mentre la protratta sospensione della didattica in presenza non ha avuto conseguenze particolarmente negative sugli apprendimenti degli alunni della scuola primaria, nelle scuole medie e superiori è invece aumentata la quota di studenti che non possiede un livello adeguato di competenze in italiano e matematica; l’incremento è stato maggiore tra gli studenti che provengono da contesti familiari svantaggiati. Piove sul bagnato cioè perché i già svantaggiati saranno ancor più penalizzati dalla Pandemia.

Per questo il sistema di protezione sociale dovrà essere razionalizzato e reso più inclusivo e, sopratutto, diventare veramente efficiente.

* Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato 2001 – 2006

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