Tabacci tifa per lo status quo: mozione degli affetti dai partiti per far restare Mattarella al Quirinale

25 Nov 2021 9:03 - di Redazione
Tabacci

Bruno Tabacci, immarcescibile ex Dc esperto di manovre di palazzo, suggerisce di tentare con il presidente Mattarella la “mozione degli affetti”. Un accorato appello di tutti i partiti affinché resti al Quirinale, consenta a Draghi di continuare il lavoro a Palazzo Chigi, ma soprattutto eviti le elezioni.

Per lui, uno dei veterani del Parlamento, quella di gennaio sarà la quinta elezione di un presidente della Repubblica. Lo specifica Repubblica, cui Tabacci spiega perché questa partita per il Colle è diversa da tutte le altre. “C’è un sovraccarico di responsabilità – afferma Tabacci – Il taglio dei parlamentari già varato riduce a 675 il numero dei grandi elettori. Se si sceglie male o con prove di forza rischiamo che la nuova presidenza possa venire contestata per carenza di legittimazione”.

Quanto a un’eventuale presidenza di Mario Draghi “anche se – dice Tabacci – si presentasse con un ampio sostegno per essere votato al primo turno il rischio che venga impallinato c’è. Ricordo il precedente di Ciampi, nel ’99: erano tutti d’accordo tranne la Lega, sulla carta, ma gli vennero a mancare comunque 180 voti. Non è questo il punto. Il punto è che non si può rinunciare, in questo momento, a una continuità istituzionale”.

Draghi non potrebbe continuare, dal Quirinale, a condizionare il governo. “Il presidenzialismo di fatto non esiste, non siamo in Francia e servirebbe una riforma costituzionale. La lotta al Covid che non è finita, l’esigenza di rispettare le scadenze del Pnrr, e la necessità di proseguire in una fase di rilancio economico suggeriscono che Draghi rimanga a Palazzo Chigi. La continuità, per me, significa che non possiamo giocarci né Mattarella né Draghi, gli uomini che hanno restituito dignità e rispetto al Paese”.

Per questo la soluzione, afferma Tabacci, è che tutti i partiti facciano un appello “perché Sergio Mattarella svolga un altro mandato. Pieno. Quando lo stesso Mattarella richiama una dottrina che esclude il semestre bianco e la rielezione dice una cosa che ha una sua logica. Ma è vero pure che i presidenti citati, Segni e Leone, per motivi diversi non poterono neppure terminare l’incarico. Non avevano davanti lo scenario che ha oggi l’attuale Capo dello Stato. La cui saldezza, non dimentichiamolo, in questi anni ha fatto da contrappeso alla fragilità del Parlamento”.

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