L’Etiopia sull’orlo della guerra civile. Padre Zerai: «Italia silente: parlano di diritti, ma non fanno nulla»

6 Nov 2021 20:56 - di Luciana Delli Colli
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Cresce l’allerta internazionale per la situazione in Etiopia, dove nove fazioni anti governative, tra le quali anche il Fronte di liberazione del Tigray (Tplf) e l’Esercito di liberazione Oromo (Ola), hanno unito le forze contro l’esecutivo guidato da Abiy Ahmed, dando vita a un’avanzata nel Paese ad elevatissimo rischio di scatenare una guerra civile. Tanto che il governo Usa, dopo aver consigliato nei giorni scorsi ai propri cittadini di lasciare il Paese il prima possibile, oggi ha emanato un ordine di rientro per tutto il personale non essenziale dell’Ambasciata.

L’Etiopia sull’orlo della guerra civile

Di fronte all’avanzata dei ribelli, nei giorni scorsi migliaia di persone sono scese in strada in diverse località delle regioni di Oromia e Gambella. Secondo le notizie della tv locale Fana, iniziative si sono registrate tra l’altro nelle città di Adama, Dire Daua, Dukem, Gambella, Gimma e Sabata, dove i dimostranti hanno denunciato le «atrocità» attribuite ai due gruppi, confermando il sostegno al governo e la disponibilità a unirsi alle forze di sicurezza per far fronte all’offensiva.

Il governo chiama la piazza contro i ribelli

Il governo centrale ha indetto per domani ad Addis Abeba una grande manifestazione contro i ribelli, in cui si aspettano centinaia di migliaia di persone, in una dimostrazione di sostegno all’esecutivo del premier Abiy Ahmed. L’esecutivo ha proclamato nei giorni scorsi lo stato d’emergenza e ha esortato i cittadini a mobilitarsi in difesa della Capitale, dove in queste ore stanno arrivando centinaia di profughi, in fuga dalle regioni dell’avanzata dei guerriglieri del Tplf e dell’Ola.

Il Consiglio di sicurezza Onu chiede il cessate il fuoco in Etiopia

Sul caso è intervenuto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha espresso la sua profonda inquietudine di fronte alla escalation del conflitto in Etiopia e ha chiesto un cessate il fuoco. I membri del Consiglio hanno lanciato «un appello per la fine delle ostilità e per un negoziato per un cessate il fuoco duraturo», chiedendo inoltre che la creazione delle «condizioni per avviare un dialogo nazionale per risolvere la crisi».

Padre Zerai: «Non vogliamo un altro Rwanda»

Amnesty international ha parlato di un Paese sull’orlo della «catastrofe umanitaria» e il sacerdote e attivista eritreo, padre Mussie Zerai, ha avvertito che «non vogliamo un altro Rwanda: la situazione è tale – ha sottolineato – che da credente ormai spero solo in un miracolo». «Mi addolora il silenzio dell’Italia, non si parla della guerra in corso, della sofferenza dei popoli. È – ha sottolineato il religioso – un silenzio assordante. Eppure l’Italia dovrebbe essere in prima fila nella denuncia. Sono coinvolti due Paesi ex colonie, sia l’Eritrea che l’Etiopia, per non parlare della Somalia. Cosa la fa tacere? Certo, gli interessi commerciali. Tutti salgono in cattedra a parlare di diritti e poi – ha concluso padre Zerai – non si fa nulla».

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