Inferno Etiopia, stupri di bambine e cadaveri lasciati per strada. La testimonianza drammatica di una suora

14 Mag 2021 20:49 - di Lucio Meo

Nel Tigray, la regione etiope devastata dal conflitto tra le forze governative del primo ministro Abiy Ahmed ed i ribelli del Fronte popolare di liberazione tigrino (Tplf), “ai morti viene negata la dignità della sepoltura, con i corpi lasciati in pasto alle iene”. E gli stupri, “che non risparmiano neanche bambine di otto anni o donne anziane, sono all’ordine del giorno, avvengono ovunque, in pubblico, davanti ai familiari, e viene da chiedersi se le persone che fanno questo siano umane”. È la drammatica testimonianza di una suora etiope, rimasta anonima per la propria sicurezza, che al Guardian ha raccontato delle atrocità commesse dalle forze etiopi ed eritree nella regione, mentre decine di migliaia di sfollati a causa dei combattimenti si riversano in campi rifugiati nella speranza di trovare cibo e riparo in Etiopia.

Etiopia in ginocchio non s0lo per il Covid

La missionaria lavora prevalentemente in centri per sfollati interni (Idp) e nei centri comunitari nella capitale tigrina, Makallé, e nelle zone circostanti. “Rispetto ad altri posti, qui la situazione è decisamente migliore, anche se la considero caotica, con fino a 65 persone che dormono in una stanza. Per circa 6mila persone, sono a disposizione solo 8 bagni, 4 per gli uomini e 4 per le donne. Le condizioni igieniche sono terribili, l’acqua non è sempre disponibile, e cibo e medicine sono difficili da trovare”, denuncia. 

Una guerra civile senza esclusione di orrore

“Avevamo una vita normale”. Prima della pandemia di Covid-19, ricorda la suora, “le cose stavano migliorando, centri sanitari, vite e programmi educativi”. Poi, “in un giorno, ci siamo ritrovati in mezzo ad una guerra vera e propria”. Negli ultimi 3 mesi, “abbiamo cercato di nutrire oltre 25 mila sfollati interni in 23 centri, alcuni a 80 chilometri da Makallé”. E “circa 100 continuano ad arrivare ogni giorno dalle parti più colpite della regione, con molti di loro che sono stati violentati”. Ora il futuro è incerto, “le persone sono preoccupate, ansiose, tristi, arrabbiate. Molti hanno lasciato le loro case, che ora sono occupate”.

Ovunque ci sono truppe etiopi ed eritree”, la cui presenza viene denunciata anche da media, agenzie e organizzazioni umanitarie, che segnalano ripetuti abusi e violazioni dei diritti umani. “Le loro azioni sono intenzionali, deliberate. Ci sono almeno 70 mila civili sotto attacco. Saccheggi, omicidi, stupri, tutti contro i civili”.

Inoltre, da diverso tempo, organizzazioni medico-umanitarie, quali Medici Senza Frontiere, fanno appello alle autorità affinché consentano l’accesso degli aiuti fondamentali nel Tigray. “Ma la regione è stata chiusa – avverte la suora – tagliata fuori da tutto il supporto che le persone meritano. Siamo soli, isolati, trascurati, e viene da chiedersi perché il mondo non sia spinto ad agire contro tali brutalità”. Il mondo, sottolinea, “dovrebbe condannare l’uccisione di civili, e nel ventunesimo secolo nessuno dovrebbe morire di fame, quando la comunità internazionale ha la capacità di agire. Chi può farlo non deve aspettare un altro secondo”.

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