Meloni sfida Letta: FdI pronto a votare Draghi al Colle, ma poi andiamo al voto e ci contiamo

4 Ott 2021 21:02 - di Valeria Gelsi
meloni letta

«Molto soddisfatta» per l’esito del voto e più che perplessa per la narrazione che ne sta facendo la sinistra. Giorgia Meloni è intervenuta in serata, quando il quadro ha iniziato a definirsi, rimandando un responso che parla di FdI come primo partito a Roma e della coalizione di centrodestra a livello nazionale. Forte di questi dati, che comunque si è riservata di commentare più diffusamente quando saranno definitivi, quindi, Meloni ha lanciato una sfida a Enrico Letta: FdI è disposto a votare Mario Draghi al Colle, purché poi si vada subito al voto. E chi vince governa per 5 anni, senza che poi intervenga qualche «consorteria europea».

Meloni sfida Letta: «FdI pronto a votare Draghi al Colle, ma poi subito al voto»

«Ho sentito i toni trionfalistici di Letta. Il segretario del Pd dice che la destra è battibile. Certo – ha commentato Meloni – in democrazia, se ci si misura, si può vincere o essere battuti, ma bisogna potersi misurare». «Bene, ora lancio la sfida a Letta: FdI è pronta a votare Draghi al Quirinale purché si vada a votare immediatamente. E chi vince governa cinque anni».

«Questo astensionismo indica una crisi della democrazia»

La sfida al segretario Pd arriva al termine di un ragionamento partito dal dato sull’astensionismo. Che, ha avvertito Meloni, impone una riflessione a tutti. «Quando l’astensionismo è intorno al 50% bisogna ragionare sul fatto che non si è di fronte a una crisi dei partiti, ma a una crisi della democrazia», ha sottolineato Meloni, ricordando che FdI da tempo avverte su questo rischio, le cui ragioni profonde vanno ricercate nella distanza tra le scelte e la volontà degli elettori e ciò che avviene nei Palazzi, nella mancato rispetto del «vincolo tra rappresentante e rappresentato».

La scomparsa del M5S e il ritorno al bipolarismo

Con questo vulnus, per Meloni, ha molto a che fare anche la «scomparsa del M5s», il «tracollo» registrato ovunque. Che comunque è foriero di una buona notizia: «Il ritorno a un sistema ragionevolmente bipolare, nel quale si misurano visioni distinte e contrapposte, che si sfidano e sulle quali i cittadini decidono».

Meloni: «Sono molto soddisfatta del voto»

Tutto si tiene, insomma, nell’analisi di questo voto per il quale Meloni si è detta «molto soddisfatta». «Devo dire che un centrodestra a trazione Fratelli d’Italia è molto competitivo», ha sottolineato la leader del partito, smontando con i dati la narrazione trionfalistica del Pd. Nell’unica Regione in cui si votava, la Calabria, il centrodestra ha vinto a mani basse. Per quanto riguarda i sei comuni capoluogo si partiva da 5 a 1 per il centrosinistra. Il primo turno si chiude con sole tre riconferme e con tre ballottaggi. Vale a dire che «temo – ha chiarito Meloni – che la sinistra farebbe bene ad aspettare due settimane per festeggiare, perché a me non pare questa grande vittoria». Anche perché, ha proseguito ancora, la partita è tutta aperta. E lo è in particolare a Roma, la sfida che fin da subito è stata indicata come la più importante di tutte.

L’analisi su Roma

«Dicevano di Michetti che era un candidato improvvisato. A Roma è il primo, il suo risultato è significativo. È avanti in maniera significativa…», ha sottolineato Meloni, ricordando che questo «professionista, uno stimato professionista, ma pur sempre un professionista» se la vedeva con due ex ministri, Gualtieri e Calenda, e con il sindaco uscente. E, nonostante tutto quello che ne è stato detto dalla sinistra, ha staccato tutti. Meloni ha voluto tributare l’onore delle armi a Virginia Raggi, che è andata meglio di quanto la debacle M5S potesse consentire, e ha riconosciuto l’affermazione di Calenda, anche lui «molto osteggiato dalla sinistra». Insomma, se c’è un candidato che ha mancato il risultato quello è proprio Gualtieri. «Il risultato di Gualtieri, secondo me, è molto deludente, è molto sotto le aspettative…», ha sottolineato la leader di FdI, lanciando poi quella sfida a Letta: «Votiamo Draghi e poi votiamo».

 

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