Fanpage, Letta fa il “Boldrino”: «Ho visto cose orribili. L’autosospensione di Fidanza non basta»

1 Ott 2021 18:38 - di Marzio Dalla Casta
Letta

Vabbè la campagna elettorale, e passi pure la necessità di gettare un osso in pasto alle tricoteuse di stanza sotto il patibolo issato a tempo di record, ma da Enrico Letta era lecito attendersi altro. E perciò ti sorprendi se pochi scampoli di video di un’inchiesta (Fanpage) che s’annuncia farlocca sin dai numeri (100 ore di girato per tre anni di giornalisti sotto copertura a caccia di una fantomatica internazionale nera) gli siano bastati per tirar fuori palo e corda. «La richiesta di avere ore di girato non mi sembra basti nè l’autosospensione di Fidanza che peraltro è un istituto che non esiste».

Letta a corpo morto contro la Meloni

Due bersagli in un colpo solo. E bravo Letta. Anzi no, visto che non gli basta che l’eurodeputato di FdI sia subito corso dietro la lavagna né che Giorgia Meloni abbia subordinato ogni decisione sul da farsi alla visione integrale del filmato. Tutto qui il celebrato equilibrio politico del leader dem? Che delusione. Fatale che il dubbio s’insinui feroce: era così già prima o ce l’hanno rovinato alla Sciences Po di Parigi?  Probabilmente la seconda, almeno a giudicare dal lessico a metà tra il trasalimento boldriniano e l’orribilismo antifascista alla Montanari. Insomma, il peggio del cattocomunismo.

Folclore minore spacciato per eversione

Sentite che prosa: «Sono molto colpito da quello che è stato documentato da Fanpage e PiazzaPulita su infiltrazioni di oscuri ambienti neofascisti in FdI. Credo siano necessari atti chiari, chiarimenti perchè cosa francamente orribile quella che è venuta fuori». Ma che cosa ha visto Letta? In questa vicenda, almeno a giudicare dal trailer del video, di infiltrati in FdI ci sono solo i giornalisti di Fanpage. Il resto è folclore minore, a meno che non si vogliano spacciare per pericolosi sovversivi uno spregiudicato furbacchione che si fa chiamare il Barone nero e il suo compare con la svastica tatuata dietro la schiena. O per minacciosi rigurgiti il saluto all’avambraccio, un paio di battute stupide e il Berizzi (solidali con lui, in ogni caso) al posto del cheese al momento della foto in segno di sfottò all’indirizzo del giornalista di Repubblica, da anni sotto scorta.

Nessuna minimizzazione

Non si tratta di minimizzare, ma di dare alle cose il loro nome. A Roma avevano scambiato per una succursale di Cosa Nostra una stazione di servizio dove due persone parlavano di soldi e di ossa da spaccare. Poi si è visto che della mafia non c’era neanche l’ombra. Nel caso di Fanpage è più o meno lo stesso: si scambia la parodia con l’originale, il braccio teso con il fascismo, la storia con il folclore. L’unico nero che qui interessa riguarda i soldi per la campagna elettorale di una candidata di Milano. Al momento è ancora in dubbio se i giornalisti travestiti da imprenditori, le abbiano pagato o meno l’aperitivo elettorale. Insomma, la «cosa francamente orribile» raccontata da Letta noi non l’abbiamo vista. Il resto, cantava Battisti, lo scopriremo solo vivendo.

 

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