Sfregio a Montanelli: al museo delle Culture di Milano la sua statua tiene in braccio una bambina nera
Si chiama “Il vecchio e la bambina” l’opera-sfregio contro Indro Montanelli in mostra al Museo delle Culture di Milano. Una riproduzione della statua di Montanelli (quella imbrattata dalle femministe e contestata dalla sinistra estrema) che tiene in braccio una bambina nera. L’opera è dell’attivista Cristina Donati Meyer che già aveva messo un anno fa, in segno di protesta, un manichino che rappresentava la giovane sposa eritrea di Montanelli in braccio alla statua originale.
Non mancano le reazioni polemiche. Luigi Mascheroni, sul Giornale, si chiede legittimamente se davvero sia arte un’installazione del genere, figlia della cancel culture. “Se è vero che l’arte, come la satira, dev’ essere libera, è anche vero che un’installazione-performance del genere è legittima e accettabile in un parco o sui muri (anche se già qui qualcuno avrà da ridire), un po’ meno in un museo, dove si sceglie cosa ospitare e cosa no. E comunque resta la contraddizione di un’opera d’arte (la statua) che viene sfregiata, mentre lo sfregio diventa un’opera d’arte. È una sorta di upgrade della cancel culture: non solo si cancella una statua, ma si premia, esponendola in un museo, chi l’ha cancellata”.
Mascheroni se la prende anche con il Mudec, il museo di Milano che “decide di istituzionalizzare un gesto così divisivo come lo sfregio a un giornalista che, toscano di nascita, ha fatto grande la storia della città”. Per non dire – continua – “dell‘ipocrisia di un Comune che quando la statua fu contestata, deplorò il gesto – «Montanelli non si tocca!» – mentre oggi musealizza i contestatori. E per il resto, se di Storia si parla, forse è il caso di ricordare che il tempo e la Memoria hanno già ricucito tutto. Quando, nel 1952, Montanelli tornò in Etiopia per incontrare la ragazza – che si chiamava Destà – ormai diventata donna, fu da lei accolto con affetto. E sulle ginocchia del giornalista mise il proprio di figlio, avuto da un uomo della sua tribù. Lo aveva chiamato Indro”.
Della vicenda si dibatte da anni. E quando gli estremisti di sinistra, sulla scia del movimento Black Lives Matter, volevano addirittura rimuovere la statua di Montanelli dai giardini che portano il suo nome dove è collocata, fu il Corriere della sera a insorgere in difesa del giornalista, con un veemente editoriale di Beppe Severgnini. “Quella vicenda — non esemplare, certo — non rappresenta l’uomo- scriveva Severgnini un anno fa – il giornalista, le cose in cui ha creduto e per cui s’è battuto. Se un episodio isolato fosse sufficiente per squalificare una vita, non resterebbe in piedi una sola statua. Solo quelle dei santi, e neppure tutte”.