Retroscena Forza Italia, l’ironia di Toti su Malagò erede di Berlusconi: «Delfino a sua insaputa»
Tentativo fallito o classica fake news destinata a sciogliersi sotto il sole d’agosto? Di certo c’è solo che la voce di una possibile sostituzione di Silvio Berlusconi con Giovanni Malagò alla guida di Forza Italia è passata tutt’altro che sotto silenzio. Segno che il Cavaliere fa ancora notizia e che le vicende del suo partito, a dispetto dei magri sondaggi, producono ancora effetti politici di rilievo. A gettare nella mischia il nome del presidente del Coni, che avrebbe gentilmente declinato l’offerta, è stata Repubblica. Così come che a suggerirne il nome a Berlusconi sarebbe stato invece Gianni Letta, raccordo tra l’ex-premier e il mondo romano, Curia compresa. La notizia ha trovato immediata smentita.
La notizia su Malagò riportata da Repubblica
Ciò nonostante non si è attenuato lo stupore tra gli “azzurri“. Anche perché sul fronte interno, Letta è il referente neanche tanto occulto della ala più riluttante di fronte alla prospettiva della federazione con Matteo Salvini. Messa così, l’abbordaggio (fallito) di Malagò rientrerebbe a pieno titolo tra le cose possibili. Da qui il nervosismo in Forza Italia. Ma non solo, visto che tra i più polemici si segnala Giovanni Toti, ex-forzista (ora è co-leader con Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, di Coraggio Italia) e soprattutto uno dei tanti delfini spiaggiati dal Cavaliere. Il suo approccio è ironico. «Io mi sono auto retrocesso ad acciuga chiedendo le primarie», ricorda. Quanto a Malagò, il governatore della Liguria lo inserisce nella categoria dei «delfini a loro insaputa». Il dibattito su di lui, aggiunge, «sta diventando una farsa».
Il governatore: «La federazione Fi-Lega è poco ambiziosa»
È il motivo per cui l’ironia si fa sarcasmo quando i giornalisti gli chiedono di azzardare una previsione. «Si oscilla – dice – tra un delfinato interno e l’imperatore straniero, cioè Matteo Salvini». L’evocazione del leader del Carroccio è inevitabile alla luce del progetto di federazione tra FI e Lega. Un progetto che Toti bolla come «poco ambizioso». In ogni caso, incalza, «non si decide a una cena in due, ma facendo un grande movimento costituente». Al momento, però, è lo scetticismo a prevalere. Tanto più che «nessuno voleva un delfino in quel partito». A partire dal «fondatore» e da «chi lo circondava, perché dal fondatore traeva la propria legittimazione». Significa che in fondo anche il nome di Malagò sarebbe il classico ballon d’essai. È il motivo per cui sui delfini Toti invoca «una moratoria». «Se volete vederli – dice ai giornalisti – venite in Liguria».