Fa pipì in moschea: bambino disabile di 8 anni rischia la condanna a morte in Pakistan
Fa pipì in moschea, nessuna pietà in Pakistan dalla comunità islamica per un bambino di otto anni con problemi mentali: rischia la pena di morte perché accusato di blasfemia. Il piccolo, di famiglia induista, è in arresto dopo essere stato sorpreso a fare pipì sul tappeto nella biblioteca di una madrasa musulmana, la tipica scuola islamica dove di insegna il Corano, nella città di Rahim Yar Khan, nel Punjab. Il bambino, il più giovane al quale sia mai stato contestato questo reato, è ora in custodia protettiva dopo le molte minacce della comunità musulmana. Una folla inferocita che ha costretto la famiglia del bambino a nascondersi.
Pakistan, fa pipì in moschea: bimbo di 8 anni perseguitato
Dopo quanto accaduto nella madrasa, infatti – apprendiamo dal Tgcom24- una folla inferocita ha distrutto, per vendetta, un tempio indù. Il premier Imran Khan ha tentato di calmare gli animi condannando il gesto e impegnandosi a riparare il tempio. Il bambino era libero su cauzione ma le accuse contro di lui non sono cadute e le minacce contro di lui hanno indotto la polizia a trattenerlo nuovamente in custodia protettiva. Dopo l’appello del premier ad arrestare i responsabili dell’assalto al sito religioso è stato ordinato l’arresto di 20 persone, ma, secondo dichiarazioni di un portavoce della polizia al Guardian, non risulta che i provvedimenti siano stati eseguiti. La famiglia del ragazzo, intanto, si è nascosta in un luogo protetto. Non solo. Molti membri della comunità indù nel distretto conservatore di Rahim Yar Khan, nel Punjab, hanno lasciato le loro case nel timore di ulteriori attacchi. Nella zona è stato schierato l’esercito per evitare ulteriori disordini.
Accusa di blasfemia mai prima d’ora contestata a un bambino così piccolo
L’accusa contro di lui non è di aver diffamato il Corano come in gran parte delle decine di procedimenti giudiziari analoghi con adulti detenuti. Ma di aver urinato sul tappeto della biblioteca della locale madrassa, una delle numerose scuole islamiche che certamente il piccolo non frequentava, essendo di famiglia induista. I dettagli sono scarsi, ma si sa che il bimbo era disabile e aveva disturbi psichici. Come davvero sia successo non si sa. Ad imbestialire folle di fanatici islamisti potrebbe essere stata la prossimità del tappeto ai testi sacri dell’Islam. Kapil Dev, un attivista per i diritti umani, ha detto che “molti indù hanno lasciato la città”. Aggiungendo che ci vorrà molto tempo perché possano riprendere le loro consuete attività. “È discutibile il ruolo della polizia che per prima ha aperto un fascicolo per blasfemia contro un bambino e poi non è riuscito a proteggere il tempio dall’attacco”, ha concluso l’attivista.
Pakistan, deriva scioccante
Le leggi sulla blasfemia in Pakistan sono note e sono inflessibili. Ma questo caso segna una deriva scioccante ed estrema. Rimmel Mohydin, attivista di Amnesty International per l’Asia meridionale ha esortato le autorità pakistane “ad abrogare urgentemente questa perniciosa legislazione. Le minoranze pachistane sono da tempo sotto attacco. E la vicenda di un bambino su cui pende il rischio di una condanna a morte lo dimostra più di ogni altra cosa”.