Lo speciale sull’asilo di Rignano oggi su Sky. Gli imputati, tutti assolti, hanno rifiutato le interviste
Uno speciale in due serate (oggi e domani) sul caso dell’asilo di Rignano Flaminio ha suscitato polemiche e critiche. Lo scandalo, ricostruito in un documentario per Crime+Investigation su Sky, riguardava le accuse di pedofilia e abusi da parte di un gruppo di bambini nei confronti di alcune maestre dell’asilo Olga Rovere. Ribattezzato dalla stampa come “asilo degli orrori”. L’inchiesta divise in due l’opinione pubblica e il processo si concluse con una assoluzione perché i fatti – si appurò – non sussistevano.
Rignano, dopo la docuserie “Veleno” si porta in tv un’altra storia di presunti “orchi”
Dopo la docuserie Veleno sui Diavoli della Bassa modenese ecco che ne arriva un’altra su Rignano. Al centro sempre un caso di presunta pedofilia. Luciano Giugno, marito di Marisa Pucci, una delle maestre dell’inchiesta, in vista dello speciale commenta: “La vicenda è chiara: il fatto non sussiste e tutti i tribunali ci hanno dato ragione. Non abbiamo voluto partecipare perché non serve, non ne capiamo il motivo”.
Il marito di una delle maestre imputate: lo scandalo non è dell’asilo di Rignano, ma della giustizia
“Si discutano queste cose in Parlamento, non in tv “, sottolinea Giugno secondo il quale anche alla luce di altri casi, come l’inchiesta ‘Veleno’ o Bibbiano, “si dovrebbe parlare della Carta di Noto, dovrebbe essere obbligatoria per le audizioni dei bambini”.
“La nostra è una storia assurda, che può capitare a tutti. Non c’è nessuna ombra, nessun lato oscuro: le sentenze sono limpidissime – sottolinea il marito della maestra – Hanno messo telecamere, ci sono state perquisizioni, non c’è stata mezza prova. Il Riesame ha liberato subito le maestre, tutti i tribunali poi ci hanno dato ragione“.
“Non c’è stato il minimo di buon senso – aggiunge Giugno – Ci sono stati 400 testimoni, è stato preso tutto in esame e lati oscuri non ce ne stanno”, continua Giugno puntando il dito contro il modo in cui sono state svolte le indagini: “Sarebbe bastato guardare gli orari: mia moglie faceva il tempo corto, l’entrata dei bambini era tra le 8 e le 9, alle 10 portavano la ricreazione, poi mia moglie portava i bambini in giardino e alle 12.30 arrivava già il pulmino per prenderli. Come potevano avere il tempo di lasciare la classe scoperta, uscire dalla scuola e portarli in campagna?”. Il marito di Marisa Pucci fa riferimento al fatto che, secondo l’accusa, i presunti abusi sarebbero avvenuti durante l’orario scolastico e fuori dall’istituto.
“Questo speciale ci turba, non c’è nulla da chiarire”
“Mia moglie ora è pensione”, racconta all’Adnkronos Giugno. E aggiunge però che al termine della vicenda giudiziaria e nonostante l’assoluzione le maestre “sono state sbattute a fare lavoro di ufficio. Dopo aver lavorato 25 anni”. “Quello che abbiamo passato è stato un trauma per le nostre figlie, è stata distrutta la loro adolescenza. Ora ci stiamo riprendendo, ma questa cosa ci turba. Non è lo scandalo di Rignano, è lo scandalo della giustizia”, conclude riferendosi a come sono state condotte le indagini.
Il regista: vogliamo solo raccontare, non riaprire l’inchiesta
Non c’è nessuna volontà di aprire un caso – assicura Simone Manetti, il regista dello speciale “Lo scandalo di Rignano Flaminio”- ma solo l’esigenza di fotografare con distacco e senza tesi precostituite quello che avvenne a Rignano Flaminio il 9 luglio di 15 anni fa. L’impianto narrativo, spiega il regista, “è quello del documentario con un approccio ‘atesico’ che si basa su quelli che sono stati i tre gradi insindacabili di giudizio che hanno assolto gli imputati ‘perché il fatto non sussiste’. Quindi non c’è alcuna volontà di aprire un caso o di fare un’inchiesta, ma solo una fotografia di quello che accadde”.
“Si respira sofferenza in ogni protagonista di questa vicenda”
“La cosa tragica di questa storia – osserva Manetti – è che si respira sofferenza in ogni suo protagonista. Una sofferenza che sia gli imputati, che hanno vissuto un inferno, sia i genitori e gli stessi bambini, non vedranno cancellata dalle sentenze, purtroppo”. Nel ricostruire la vicenda Manetti e l’autrice Stefania Colletta, si sono mossi “studiando le carte processuali e intervistando le persone che al tempo seguirono gli avvenimenti in prima persona, cercando di affiancare al racconto giudiziario, quello personale. Abbiamo intervistato tutti i protagonisti di corollario della storia, gli imputati non hanno voluto partecipare e dei genitori coinvolti solo una madre ha parlato. Per una questione etica e di rispetto abbiamo informato tutte le parti in causa della storia e abbiamo chiamato tutti i loro avvocati”.