Tinto Brass: «La censura resta ed è più subdola. Il decreto Franceschini è finto progressista»

7 Apr 2021 12:52 - di Luciana Delli Colli
tinto brass censura

Un decreto «fintamente progressista» che non elimina la censura e, anzi, ne garantisce una «ancora più pericolosa perché più subdola». Tinto Brass commenta così il tanto decantato decreto Franceschini che, si è detto, abolisce la censura cinematrografica in Italia. In realtà, per il regista 88enne questo non è affatto vero, perché il decreto, che affida comunque al giudizio finale di una commissione di esperti i limiti di fruibilità di una pellicola, resta figlio di una impostazione che punta a «garantire quell’odioso politicamente corretto». «Non credo si uscirà da questa logica», chiosa Brass, per il quale «la censura è sempre una questione politica» e «i progressisti si rivelano più reazionari dei conservatori».

«Nella sostanza cambierà poco»

Per Brass «fino a quando ci sarà una commissione che decide per la classificazione delle opere e stabilisce divieti per la visione del film, anche se soltanto in base al criterio di età, nella sostanza cambierà poco». Per il regista, intervistato dall’agenzia di stampa Adnkronos, il punto è che, fino a quel momento, «non verrà superato quel sistema di controlli e interventi, da parte del potere, sulla libertà degli artisti, che è sempre stata e continua a essere per me la cosa più importante». «Certo – sottolinea – è da riconoscere come passo avanti in questa direzione il fatto che non si potrà più vietare che un film esca nelle sale, e che non si potranno imporre tagli o modifiche. Ma non scordiamoci di come funziona il Mibact: in base a quali reali criteri – criteri artistici?- sono destinati i fondi pubblici per la realizzazione dei film di interesse culturale?».

Tinto Brass: «Una censura più subdola e pericolosa»

«Credo non dovrebbero mai esistere commissioni di “esperti”, siano essi critici cinematografici, pedagogisti, sociologi, e ora pure ambientalisti animalisti e altro ancora. L’idea che un’opera debba passare sotto un giudizio di una commissione rappresenta ancora una censura. Paradossalmente ancora più pericolosa perché più subdola», avverte quindi il regista, che al suo attivo ha 29 film censurati su 30 realizzati.

I progressisti sono i veri«reazionari»

«Conosco bene il meccanismo secondo cui l’autorevolezza di questi “giudici” dovrebbe garantire quell’odioso politicamente corretto», spiega Tinto Brass, per il quale la censura «è sempre una questione politica». E a volte «i progressisti si rivelano più reazionari dei conservatori, le sinistre più bacchettone e cagasotto delle destre più paludate». Per Brass, che definisce il decreto di Franceschini come «fintamente progressista», difficilmente «si uscirà da questa logica».

Il regista: «Resto spinto alla ricerca della libertà»

Ma lui, rivendicando la sua libertà d’espressione, basata sull’«esperimento visivo e l’immersione nelle gioie dell’eros» e la sua «culofilia» come come «cartina di tornasole» della sua «concezione estetica», non ha intenzione di piegarsi. «Mi sento tuttora, ancora, estremamente spinto alla ricerca della libertà. Sono felice, perché felicemente innamorato e senza rimpianti. Vivo insieme a Caterina nella mia mia casa, piena di ricordi, immagini, voci, cinema».

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