«Terrone non è una parolaccia», un ingegnere fa causa all’Accademia della Crusca
«Una battaglia di civiltà» contro il termine “terrone” usato solo come dispregiativo. È quella che ha ingaggiato Francesco Terrone, 59 anni, ingegnere salernitano di Mercato San Severino, con l’hobby di scrivere poesie. Non ha esitato per questo a portare in tribunale l’Accademia della Crusca, la secolare istituzione fiorentina incaricata di custodire il “tesoro” della lingua italiana di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.
Terrone e la battaglia con l’Accademia della Crusca
Con la sua azione legale Francesco Terrone, «orgoglioso del cognome» che porta da secoli la sua famiglia campana, riferisce il Corriere Fiorentino, chiede alla Crusca di cambiare la definizione di “terrone” contemplando anche la sua accezione “positiva. E cioè alla ricchezza terriera del Sud Italia. Attraverso tre lettere inviate per posta certificata nei mesi scorsi l’ingegnere Terrone ha provato a chiedere di integrare sul sito internet dell’Accademia la storia del termine lessicale che connota negativamente i meridionali.
La richiesta al giudice
Dopo aver ricevuto «solo risposte evasive», e dopo l’ultima telefonata, Terrone ha detto «ci vediamo in tribunale». Il consesso degli illustri linguisti pensava forse a uno scherzo e invece nei giorni scorsi l’Accademia della Crusca si è vista recapitare un atto di citazione dell’avvocato Antonio Cammarota che rappresenta la Fondazione Francesco Terrone. La prima udienza si terrà al tribunale civile di Nocera Inferiore (Salerno) a settembre. La richiesta al giudice è quella di aggiungere alla definizione attuale, un riferimento «alla terra dei latifondisti, dei feudatari, dunque alla ricchezza, oltre a riconoscere un cognome i cui discendenti diedero lustro all’Italia intera».
Terrone, cosa scrive l’Accademia della Crusca
Sul sito della Crusca c’è una lunga pagina in cui si fa la cronistoria del termine “terrone” usato solo in senso dispregiativo, lamenta l’ingegnere salernitano. Il vocabolo viene registrato per la prima volta da Bruno Migliorini nel 1950, spiega l’Accademia della Crusca. «Così gli italiani del settentrione chiamano gli abitanti delle regioni meridionali». La voce nasce nei grandi centri urbani dell’Italia settentrionale con valore di “contadino” (come villano, burino e cafone). E «usata, in senso spregiativo o scherzoso, per indicare gli abitanti del Meridione in quanto il Sud era una regione caratterizzata da un’agricoltura arretrata».
Le discriminazioni subite dai meridionali
«Abbiamo esaminato dal punto di vista etimologico e storico la questione», afferma Francesco Terrone al Corriere Fiorentino . «Abbiamo molto materiale da presentare in tribunale». Appena laureato, decise di andare nel Nord Italia per cercare un lavoro e ben presto fu vittima di discriminazioni. «All’inizio degli anni Novanta, arrivato in Brianza per una supplenza in una scuola, ho resistito due mesi. Mi sono sentito dire che con quel cognome potevo fare l’operaio, non certo l’ingegnere. Sa quante volte a Milano sono rimasto a piedi quando chiamavo un taxi e dicevo il mio nome? Sa quanti giovani presentano i curriculum nelle aziende vergognandosi di essere meridionali?». Ha mai avuto voglia di cambiare quel cognome? «Mai e poi mai. Lì ci sono le mie radici e la mia identità».