Legge elettorale, Giorgetti boccia il proporzionale di Pd e M5S: «È una disgrazia per l’Italia»
Ha ritagliato per sé il ruolo del leghista dialogante che un tempo fu del varesino Roberto Maroni. Essere nativo di Cazzago Brabbia fa invece di Giancarlo Giorgetti un varesotto. Ma al netto di ciò, è indubitabile che il secondo abbia ereditato dal primo il grado di ufficiale di collegamento con il Palazzo. Accadeva così anche prima: per un Bossi che minacciava «Roma ladrona» a base di «bergamaschi armati» c’era sempre un Maroni pronto a fornire la chiave di lettura politica delle rodomontate del Senatùr. Sulla carta la missione di Giorgetti appare più facile, dal momento che la secessione è scomparsa dagli orizzonti leghisti e la Padania è solo un ricordo. In compenso, tuttavia, è cresciuto il peso elettorale della Lega, circostanza che fa di Salvini il nemico pubblico numero 1 della sinistra. E così anche il varesotto ha il suo bel da fare.
Giorgetti ospite del Festival del Foglio
Questo spiega perché è lui che i giornalisti cercano di scandagliare quando il Capitano alza i decibel. È lui – così dicono – il depositario del sentimento del “profondo Nord” leghista, del suo blocco sociale e dei suoi governatori. Linee, traiettorie e strategie non sempre convergenti con quelle di Salvini. Ne cercavano una traccia anche oggi al Festival del Foglio, giornale mai tenero vero il capo del Carroccio, non per niente bollato come Il Truce. Giorgetti, al contrario, vi gode di buona stampa. E lui, benché, di carattere schivo, non si sottrae al corteggiamento. Ai lettori del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, ha concesso quasi niente in termini di distinguo.
«Nel centrodestra convivono l’anima sovranista e quella liberale»
Ma l’ospitata è stata tutt’altro che un vuoto a perdere. Anzi, è stata molto interessante per capire la direzione del centrodestra. Che a Giorgetti piace presentare al passo coi tempi. «Le formule – ha infatti detto – devono rinnovarsi. Il centrodestra non è quello di dieci anni fa. Le leadership sono cambiate, così anche i linguaggi. Contano più i social e meno la tv». E ha aggiunto: «Ci sarà una destra sovranista insieme a una destra liberale». All’esponente leghista, tuttavia, non sfugge che la sua analisi configge con il ritorno al sistema proporzionale. Lo definisce una «disgrazia» che porterà «disgregazione e ingovernabilità», per colpa della «moltiplicazione dei soggetti politici».
«A Roma e a Milano candidati della società civile»
Quanto alle elezioni nelle grandi città nel 2021, il centrodestra ha idee chiare sul da farsi. «Per la prima volta – spiega il leghista – c’è un clima che va al di là della spartizione dei candidati: la condivisione dei candidati migliori». Roma e Milano ne saranno i laboratori. «Non presenteremo nessun politico, ma nomi della società civile. Saranno i tre leader a dirli». C’è posto anche per una risposta sulla fine del Conte1. «Tra i colpevoli della rottura con la Lega, certamente non ci fu Di Maio».