Omicidio Cerciello, parla il collega autore del video: “Non avevo mai visto un arrestato incappucciato…”

16 Lug 2020 15:10 - di Redazione

Nuova udienza per l’omicidio di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso il 26 luglio con 11 coltellate da Finnegan Elder. Al processo che vede imputato anche il californiano Gabriel Natale Hjorth, viene sentito come come testimone il collega di pattuglia Andrea Varriale. L’autore del video che ritrae l’arrestato incappucciato. Filmato che ha fatto il giro del web, destando uno tsunami di polemiche sull’Arma.

Omicidio Cerciello, parla il collega Varriale

“Mentre uscivo ed entravo dagli uffici di via In Selci, ho visto Natale seduto su una sedia. Ammanettato con le mani dietro la schiena e bendato”, racconta. Quando l’ho visto a me ha sorpreso, non avevo mai visto un arrestato trattenuto in questo modo. Mi è parsa una cosa molto strana”. Intorno a me c’erano tanti superiori – spiega – era una situazione aperta. Io ero l’ultima ruota del carro”. Varriale spiega di aver iniziato a registrare il video di Natale Hjort bendato perché voleva associare la voce al volto. “E così gli ho fatto qualche domanda: ‘dov’era la felpa rossa o cose così’. Non ho avuto alcuna risposta. Ma mi ha detto cose senza senso, ‘che cambia, a che serve'” ha spiegato Varriale in aula.

“Non ho diffuso il video, è rimasto nel mio telefono”

“Ho spento il video e sono corso a farlo presente ai miei superiori. Abbiamo sentito le registrazioni acquisiste da whatsapp e poi il video. Non l’ho diffuso a nessuno. E’ rimasto sul mio cellulare” ha proseguito il carabiniere. “Non sapevo assolutamente del fatto che era uscita sui media la fotografia dell’arrestato bendato. Le indagini dell’Arma su questo sono iniziate subito. Il 28 luglio fui chiamato dal comandante di Compagnia di allora il Maggiore Aniello Schettino. Incontrai il colonnello Petti, allora comandante del gruppo Roma, in un colloquio informale con lui, dissi che non avevo fatto io la fotografia. Commisi un errore stupido, quello di dire che avevo la pistola con me. E che l’avevo consegnata al mio comandante di stazione in ospedale. Ma tanto ormai – a tanti colleghi già avevo detto che non l’avevo. Ho commesso una leggerezza”.

Varriale racconta anche la dinamica dell’aggressione. “Ci avviciniamo frontalmente ai due e tiriamo fuori il tesserino dicendo che eravamo carabinieri. Dopo esserci qualificati ho riposto in tasca il tesserino. Mario ha fatto la stessa cosa. Abbiamo fatto quello che facciamo sempre. Loro non avevano nulla in mano. Noi andavamo a identificare due persone. I due ci hanno immediatamente aggrediti. Io fui preso al petto da Natale e rotolammo in terra. Allo stesso tempo sentivo Cerciello che urlava ‘fermati carabinieri’, aveva una tono di voce provato”.

Il tutto è durato pochi secondi, spiega Varriale. “Io lascio andare il mio aggressore perché ero preoccupato per le urla di Mario. Alzo la testa e vedo lui in piedi che mi dice ‘mi hanno accoltellato’ per poi crollare per terra.  Mi sono quindi tolto la maglietta e ho provato a tamponare la ferita, ma il sangue usciva a fiotti. Ho chiamato subito la centrale per chiedere una ambulanza”. Sul perché i due carabinieri non fossero armati,  il carabiniere spiega: “Dovevamo avere la pistola ma per praticità e perché dobbiamo mimetizzarci l’arma è più un problema. Non mi è mai capitato di doverla usare nel servizio nella zona della movida”.

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