Il bandito Mesina si fa beffa dello Stato: arriva la condanna ma “Grazianeddu” è irreperibile

3 Lug 2020 14:02 - di Renato Fratello
Mesina

È arrivata la condanna in Cassazione per Graziano Mesina, ex primula rossa del banditismo sardo. I giudici hanno confermato i 30 anni di carcere per l’Orgolese. Ma quando i carabinieri ieri sera sono andati a notificare la decisione e accompagnare Mesina in carcere, la beffa.  Non lo hanno trovato nella sua casa di Orgosolo. L’uomo ora è latitante. L’ex bandito sardo, considerato a capo di una banda dedita al traffico internazionale di droga, si sarebbe reso irreperibile già prima che arrivasse il rigetto del ricorso. I suoi avvocati avevano presentato il ricorso contro la condanna a 30 anni. Mesina avrebbe lasciato la sua casa di Orgosolo ore prima che la Cassazione si pronunciasse. E ora è ufficialmente ricercato.

Graziano Mesina “maestro della fuga”

Graziano Mesina è considerato anche un ”maestro” della fuga. Nella sua vita criminale, infatti, di evasioni, alcune rocambolesche, ne ha totalizzate ben ventidue, dieci delle quali andate a buon fine. La prima volta ”Grazianeddu”, nato nel 1942, finì in carcere ad appena 14 anni con l’accusa di porto abusivo di armi, ma dietro le sbarre non rimase molto. Riuscì, infatti, ad evadere poco dopo forzando la camera di sicurezza per poi dileguarsi sulle montagne di Orgosolo. Nel 1962 ancora una fuga, stavolta mentre veniva trasferito dal penitenziario di Sassari. Mesina riuscì a liberarsi delle manette e nel momento in cui il treno su cui viaggiava giunse nei pressi della stazione di Macomer, si lanciò per poi tentare di far perdere le sue tracce, ma venne preso immediatamente.

La terza fuga

La terza fuga si verificò lo stesso anno. In quel caso ”Grazianeddu” era ricoverato nel carcere di Nuoro, quando all’improvviso riuscì a scavalcare il davanzale di una finestra per poi calarsi attraverso un grosso tubo dell’acqua all’interno del quale rimase nascosto per tre giorni prima di sparire. Poco tempo dopo ancora un arresto e ancora un’evasione. Mesina, detenuto nel carcere San Sebastiano di Sassari, riuscì a calarsi dal muro di cinta della sua cella per poi dileguarsi, riuscendo a rimanere un uomo ”libero” fino al 1968. Nove anni più tardi l’ennesima fuga. Mesina era rinchiuso nel penitenziario di massima sicurezza di Lecce, quando riuscì misteriosamente a fuggire senza lasciare tracce per un anno.

Nel ’93 ottenne la grazia

Arrestato nuovamente e imprigionato nel carcere di Porto Azzurro sull’Isola d’Elba, ancora una volta ”Grazianeddu” riuscì nell’impresa di darsi alla fuga. Nel 1984, poi, dopo essere stato di nuovo arrestato, ottenne un permesso di tre giorni per andare a far visita alla madre a Orgosolo. Ma ne approfittò per fuggire a Milano e poi a Vigevano. Dopo venne braccato dai carabinieri. Dopo molte altre fughe, soprattutto tentate, l’ex primula rossa del banditismo sardo venne arrestato definitivamente nel 1993. E stavolta dietro le sbarre rimase fino al 2004, anno in cui ottenne la grazia. Nel 2013, poi, il nuovo arresto per traffico di droga.

Le pene: l’ultima condanna

Graziano “Grazianeddu” Mesina il carcere lo conosce bene, dei suoi 78 anni circa 40 li ha trascorsi dietro le sbarre, in Sardegna e nella Penisola. Ha scontato la pena per omicidio, sequestro di persona, numerose fughe dal carcere. Fino alla grazia, ottenuta nel 2004 dall’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e il rientro nella sua casa di Orgosolo, nel cuore della Barbagia. Temuto e rispettato, Mesina è stato il protagonista nel ’92 della trattativa per la liberazione di Farouk Kassam. Sequestrato in Costa Smeralda a gennaio dello stesso anno. Nel 2013 viene arrestato di nuovo stavolta l’accusa è quella di aver messo in piedi un sodalizio dedito al traffico internazionale di droga: Mesina si è sempre dichiarato innocente, ma viene condannato a 30 anni di carcere, pena confermata in Appello nel 2018 e ieri dalla Cassazione.

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