Ritrovato il bambino rapito da un’affiliata dell’Isis in Italia: la mamma è morta, lui tornerà

7 Nov 2019 10:47 - di Redazione

L’Isis aveva “chiamato” la mamma, che era scappata dall’Italia per arruolarsi. Oggi la svolta. Ritrovato nel campo profughi di Al Hol sotto il controllo dei curdi, che ospita oltre 70.000 persone, in prevalenza compagne e figli di combattenti jihadisti Isis in prigione, il piccolo Alvin Berisha. Il bambino era stato sequestrato e portato via dall’Italia nel 2014 dalla madre Valbona Berisha. La donna si era radicalizzata via web in Italia e divenuta foreign fighter, associandosi all’organizzazione terroristica dello Stato islamico. Il bambino, di cui da giorni si vociferava di una liberazione, è ora all’Ambasciata italiana a Beirut in attesa di partire per l’Italia. Nel mese di agosto scorso il Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) del Ministero dell’Interno, che è il punto di contatto italiano per la cooperazione internazionale di polizia, si era mosso con intelligenza.

La mamma, affiliata all’Isis, è morta in Siria

Lo Scip e il Raggruppamento Operativo Speciale (Ros) dei hanno scoperto che la donna è morta in Siria durante un combattimento. Alvin viveva nella cosiddetta ”area degli orfani” del campo di Al Hol. Per verificare con certezza l’identità del minore, lo Scip ha interessato la Polizia Scientifica italiana. Da lì un esame di comparazione fisionomica. Fino al giudizio di totale compatibilità, anche per una malformazione specifica dell’orecchio destro di Alvin riferita dal padre e rintracciata nel bambino presente nel campo profughi in Siria.

Il lavoro della polizia internazionale

Contemporaneamente, il 10 settembre scorso, su autorizzazione della Procura della Repubblica di Milano, è stata diramata in ambito Interpol una yellow notice. Vale a dire una nota di rintraccio del minore. Il Gip del Tribunale di Milano ha chiesto di sentire in modalità protetta il bambino, una volta in Italia, sui fatti di terrorismo oggetto d’indagine. Lo Scip ha, dunque, attivato una delicata partita a scacchi, dove il Ministero degli Affari Esteri italiano ha subito interessato l’omologo Ministero albanese. L’organismo ha coinvolto anche il mistero dell’Interno dello stesso Paese. Alvin e il padre, Afrimm Berisha, hanno, infatti, la cittadinanza albanese, pur con regolare permesso di soggiorno italiano. Era necessaria l’attivazione di quelle autorità anche per i documenti del bambino necessari per trasportare il minore dalla Siria al Libano e quindi in Italia.

Allo stesso tempo, lo Scip ha chiesto aiuto alla Croce Rossa Internazionale, unica ad operare presso il campo Al Hol. La Cri si è subito attivata con la corrispondente Mezzaluna Rossa, riuscendo ad identificare il bambino e a trasportarlo. L’operazione è avvenuta grazie alle guarentigie offerte per le operazioni umanitarie, dal campo profughi a Damasco e poi fino al confine della Siria con il Libano. Con tutti i pericoli di attraversare un territorio in guerra e con la minaccia dell’Isis. Al confine è stato preso in carico da un dirigente della Polizia di Stato dello Scip che, insieme alla Cri, al Ros dei Carabinieri e ad una delegazione del governo albanese, l’ha portato, fino all’Ambasciata italiana a Beirut dove partirà alla volta dell’Italia.

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