È morto Filippo Penati. Pochi giorni fa disse: «Mi sono ammalato per le inchieste. Il Pd? Una delusione»
È morto Filippo Penati, ex dirigente del Pd, già sindaco di Sesto San Giovanni e presidente della Provincia di Milano dal 2004 al 2009. Aveva 66 anni. Era malato da tempo. I suoi problemi di salute, raccontano fonti a lui vicine, iniziarono durante gli anni delle inchieste che lo avevano visto coinvolto. Lascia due figli, Simone e Ilaria.
La malattia e le vicende giudiziarie
Era stato lui stesso, del resto, a dare questa lettura del cancro che l’aveva colpito. «Tra le cause scatenanti sicuramente le conseguenze della mia lunga vicenda giudiziaria», aveva spiegato Penati in un’intervista all’Adnkronos di cinque giorni fa. Proprio su questo tema si era soffermato a lungo, offrendo una riflessione che andava oltre la sua vicenda personale. E si inseriva, di fatto, nel dibattito in corso sulla riforma della giustizia. «I tempi della giustizia sono ancora uno dei più gravi problemi italiani. I tempi che si allungano enormemente sono un male per gli imputati e per la società», aveva detto. «In ogni caso ho sempre fiducia nella giustizia, ma mi passi la vecchia battuta di Giulio Andreotti che bisogna avere vita lunga per affrontare un processo in Italia», aveva aggiunto, dopo aver riflettuto sulle difficoltà «a far valere la propria innocenza» e l’impossibilità di togliersi di dosso «le stigmate negative del processo mediatico».
Il “sistema Sesto” e la condanna della Corte dei Conti
I guai giudiziari di Penati iniziarono nel 2011, quando esplose il caso di un presunto sistema di tangenti, ribattezzato il “sistema Sesto”. Quelle vicende finirono in parte con assoluzioni e in parte con prescrizioni. A luglio, invece, per Filippo Penati arrivò una condanna in appello della Corte dei conti della Lombardia. Insieme ad altri 11 fu chiamato a risarcire 20 milioni di euro per una vicenda del 2005 legata alla compravendita di azioni della Milano-Serravalle. Fu in quell’occasione che rivelò di essere malato, attribuendo l’insorgenza del cancro alle sue vicende giudiziarie. «Una volta parlare di cancro era un tabù. Era una parola impronunciabile. Oggi il giudizio pubblico è cambiato, è stato bandito l’atteggiamento banalmente compassionevole. Sapere della malattia, condividere con chi ti vuole bene la sofferenza aiuta enormemente il malato», aveva detto all’Adnkronos, spiegando che gli affetti gli davano la forza di andare avanti.
Deluso dal Pd: «Non sfugge al declino morale»
Amare, invece, le parole sulla politica e pressoché senz’appello il giudizio sul Pd. «Non ho rimpianti, ma sento ancora tanta amarezza per come il mio partito, il Pd, mi ha trattato all’esplosione dell’inchiesta sul cosiddetto “sistema Sesto”. Sulla base di un semplice avviso di garanzia, senza sentire il dovere di ascoltarmi, in violazioni dello statuto e delle più elementari norme costituzionali sulla presunzione di innocenza», aveva sottolineato Penati, aggiungendo di fare «fatica a riconoscermi nella politica attuale. La trovo debole, quando non priva, di senso morale». «Anche il mio ex partito, il Pd, non sfugge a questo declino generale», aveva aggiunto.