Rampelli: “Sulle autonomie occhio. Raggi e Zingaretti dormono in piedi per Roma”

20 Lug 2019 12:16 - di Sabrina Fantauzzi
On. Rampelli, ogni giorno un motivo di scontro tra Lega e 5stelle. Ieri, il problema sono state di nuovo le autonomie.
Qual è la posizione di Fdi?
Non siamo affatto contrari a ridefinire il sistema delle autonomie, ma non si può trattare una materia così delicata come fosse la legittima difesa o il taglio del finanziamento ai partiti. Non si può fare propaganda su temi costituzionali da cui dipenderà il futuro andamento sociale, economico e culturale dell’Italia. È stato positivo l’allarme lanciato dalle regioni del Nord con i loro referendum, anche se nessuno ricorda che la percentuale dei votanti è stata scarsa, la metà degli aventi diritto in Veneto e ancora meno in Lombardia… Anche questo è un indicatore di cui la politica e i media dovrebbero tenere conto.
Diciamo che occorre studiare soluzioni equilibrate che diano al sistema delle autonomie strumenti efficaci per rispondere ai bisogni dei cittadini.

Non creare nuovi centralismi

Sta dicendo che non sono le Regioni le istituzioni più idonee a ricevere questi poteri differenziati?
Le Regioni sono nate per la fondamentale funzione di programmazione e infatti dispongono di ampi poteri legislativi. Non avrebbero dovuto trasformarsi in enti di gestione multi disciplinare, trasformarsi in micidiali centri di spesa cui oggi attribuire parte rilevante del nostro debito pubblico. Continuo a ritenere che ci si dovrebbe confrontare partendo dal basso e iniziando dalla domanda di poteri e risorse che viene dai Comuni, incalzati dai bisogni dei cittadini. E poi occorre restaurare e rilanciare il ruolo delle province, insostituibile in una nazione formata da 8000 comuni di cui la gran parte piccoli e piccolissimi. Le Regioni incarnano già oggi l’idea di un nuovo centralismo, esattamente ciò di cui imprese e famiglie vorrebbero liberarsi. Dunque, non è in discussione la domanda di maggiore efficienza, ma la risposta più concreta e meno ideologica da fornire ai cittadini.

La scuola è un pezzo della nostra Nazione

Una delle competenze richieste ma non ‘accettate’ riguardava la scuola. In qualche modo Conte ha fatto proprie le posizioni di Fdi?
Mi sembra evidente che il medesimo livello di istruzione, gli stessi programmi nazionali e la circolarità interregionale degli insegnanti siano un pezzetto dell’ossatura della nostra nazione. Altro conto è aggiungere ai programmi del MIUR la conoscenza delle caratteristiche del proprio territorio, questione legittima e condivisa se realizzata con equilibrio. Perché alla storia della Repubblica di Venezia teniamo tutti, veneti, padovani e siciliani…
Il presidente Fico ha detto che sulle autonomie il parlamento è centrale. Qualcuno cerca di evitare il passaggio alle Camere?
La questione sembrerebbe sostanzialmente superata, la pensiamo al riguardo come Fico e la Casellati, ma resta il problema formale. Se domani altri due presidenti di camere non ritenessero necessario il passaggio in Parlamento di nuove autonomie richieste dalle regioni? Fico e la Casellati devono pretendere che si normi il 116 della Costituzione e si stabilisca una procedura oggettiva che preveda ogni passaggio per approvare le istanze del sistema delle autonomie. Il passaggio in Parlamento non può essere una gentile concessione di qualcuno, ma un diritto inalienabile.

L’opportunità per la Capitale

Zaia si è molto arrabbiato. Viceversa sia Zingaretti, in qualità di governatore del Lazio, sia Raggi hanno sempre mantenuto un profilo molto basso rinunciando a rivendicare il ruolo di Rama Capitale. Qualche suggerimento?
A Zaia, che stimiamo in molti, voglio dire che da una figura di spessore come la sua, governatore oggi e ministro della Repubblica ieri, il popolo italiano si aspetta una posizione politica e non geografica. La logica del campanile era insufficiente perfino in epoca medievale. Zaia sa bene che il Nord ha potuto realizzare infrastrutture strategiche perché confinante con la Baviera e la Renania, mentre a Sud della Sicilia e della Calabria c’è l’Africa.
Già dagli anni in cui non c’erano le Regioni lo Stato centrale ha realizzato opere meravigliose al Nord e ha ripagato il Sud con l’assistenzialismo, perché costava meno dello sviluppo e non sarebbe stato improduttivo come un ipotetico tunnel sottomarino di collegamento con Tunisi, metafora di uno dei tanti e costosissimi trafori realizzati nella pancia delle Alpi. Il divario nord/sud generato, con l’aggiunta di una mentalità meridionale senz’altro meno performante, oggi va ripianato. Non c’è solo il tema dei poteri, c’è anche quello del riequilibrio delle infrastrutture e stavolta è urgente. Infatti per il Mediterraneo passa oggi imprevedibilmente una enorme ricchezza che l’Italia deve saper intercettare modernizzando il Mezzogiorno, portando subito l’Alta velocità a Palermo, realizzando il ponte sullo stretto, dotando il meridione di una rete logistica utile a impedire alle centinaia di navi merci provenienti dall’Asia di superare Gibilterra per risalire fino ai porti del nord Europa.

Competere con Berlino, Londra, Parigi…

Quali sono i mali di Roma?
Lo Stato italiano deve mettere la sua capitale nelle condizioni di competere con Berlino, Londra e Parigi le cui rispettive nazioni hanno effettuato investimenti multimiliardari per renderle all’avanguardia e farle partecipare significativamente alla costruzione del Pil. Non sono gli altri bellissimi comuni italiani il parametro per misurare Roma. E comunque se si vuole andare avanti con il Monopoli delle autonomie differenziate si deve immediatamente introdurre nell’agenda del Governo il tema dei poteri, dei beni, delle risorse di Roma. Ricordo che anche la capitale, come la Lombardia e il Veneto, ha un residuo fiscale, conferisce cioè allo Stato italiano più risorse di quante ne riceva indietro. Non si possono certo fare due pesi e due misure.
Ma Zingaretti e Raggi dormono in piedi, non capiscono che la grande opportunità per Roma è questa, è ora.

Commenti

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  • Cecconi 20 Luglio 2019

    Rampelli, sarebbe cosa buona e giusta abolire le regioni e tornare alla Province.