Trapianto di fegato, una nuova tecnica rigenera l’organo e riduce i rischi: ecco come

13 Giu 2019 15:17 - di Redazione

Il recupero funziona in chirurgia: compresa quella salva-vita die trapianti d’organo. Al Centro trapianti di fegato dell’ospedale Molinette di Torino è stato impiantato con successo un fegato rivitalizzato con una tecnica considerata «l’ultima frontiera sul fronte trapianti». Si tratta di una nuova metodica di perfusione cosiddetta “a caldo”, che rispetto a quella tradizionale permette di fare un passo oltre: «Rigenerare e utilizzare in sicurezza organi che altrimenti sarebbero scartati per un rischio troppo elevato per il ricevente». Dalla Città della Salute del capoluogo lombardo calcolano che saranno una decina all’anno i fegati valutati con questa nuova tecnica normotermica.

Trapianto di fegato, alle Molinette di Torino una tecnica all’avanguardia rigenera l’organo

«Ora – sottolineano gli esperti – si aprono nuove prospettive future per i trapianti di fegato». Il paziente trapiantato aveva un doppio tumore al fegato insorto su una cirrosi fino ad allora non diagnosticata: una sentenza pesante per un veterinario di Viterbo ancora in attività, riferisce una nota dall’azienda ospedaliero-universitaria torinese. Da lì l’inizio di una corsa contro il tempo per cercare una possibilità di cura nei maggiori centri di riferimento in Italia, e quindi l’approdo alle Molinette. Sono state eseguite prima di tutto le terapie per far regredire almeno in parte la malattia tumorale, che fin dall’inizio si era dimostrata voluminosa e aggressiva. A gennaio sono state eseguite due termoablazioni percutanee (“bruciature del fegato”), presso la Radiologia interventistica di Paolo Fonio. Poi a maggio, dopo avere riscontrato un’iniziale buona risposta alle terapie, l’ingresso in lista in attesa per un trapianto di fegato da fare il più rapidamente possibile, presso il Centro trapianti diretto da Renato Romagnoli. Ed ecco pochi giorni fa la possibilità di un donatore di fegato compatibile deceduto, ma i cui organi potevano essere prelevati per trapianto, grazie al gesto di altruismo e generosità dei familiari. Una buona congiuntura per il paziente. Tuttavia – precisano dall’Aou – fin da subito si era capito che il fegato del donatore, deceduto per emorragia cerebrale, presentava caratteristiche tali (per steatosi-fegato grasso ed età di 77 anni) da farlo ritenere non ottimale e ad alto rischio di non essere in grado di funzionare dopo il trapianto seguendo le tecniche tradizionali di preservazione d’organo (cosiddetta preservazione “a freddo”, tenendo il fegato in ghiaccio dopo il prelievo sul donatore). È stata quindi usata la nuovissima tecnica Nmp (Normothermic Machine Perfusion), ovvero la perfusione a 37 gradi, la temperatura del corpo, del fegato donato.

Una nuova metodologia che riduce i rischi per il ricevente e rende l’organo idoneo comunque

Con lo sforzo comune e il lavoro notturno di tutto un ospedale – si legge in una nota – è stato eseguito con successo il trapianto epatico sul paziente. Dopo il prelievo dal donatore, il fegato è stato trasportato nella sala operatoria del Centro trapianti, dove è stato sottoposto alla procedura di Nmp. Questa consiste nella perfusione continua dell’organo attraverso le cannule e il circuito ossigenato della macchina, utilizzando sangue umano da donatori e sostanze nutrienti in soluzione. «Già dopo 2 ore di vita “artificiale” in macchina – evidenziano i sanitari – si è capito che la funzione dell’organo si stava riprendendo in modo ottimale, quasi insperato». Ciò ha consentito di procedere con l’anestesia del paziente e con l’intervento chirurgico di rimozione del fegato malato. Dopo un totale di poco più di 5 ore di perfusione Nmp, il fegato è stato quindi impiantato sul ricevente. «La funzione immediata post-trapianto è stata da subito molto buona e ora, dopo alcuni giorni dal trapianto, il paziente è in via di dimissione».

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