Marocchino sgozzò un ragazzo italiano. Sentenza beffa: alla famiglia della vittima pochi spiccioli

12 Mar 2019 12:15 - di Martino Della Costa

Forse non saranno moltissimi a ricordarsi di David Raggi, il ragazzo sgozzato nel 2015 senza un perché da un immigrato marocchino che era stato espulso e che comunque avrebbe dovuto essere in cella a scontare anni di carcere; ma sicuramente tutti oggi si uniscono all’indignazione, alla rabbia e alla sofferenza per una sentenza che, di quel dolore, si fa beffa ancora una volta…

David Raggi sgozzato da un immigrato clandestino espulso: la sentenza beffa

E la sentenza è quella relativa alla richiesta di risarcimento per l’omicidio di David avanzata dalla famiglia della vittima che avrebbe voluto destinare gli eventuali fondi in in opere di beneficenza. Ieri, riporta sul caso in un ampio servizio Il Giornale,  «la famiglia di David Raggi si è svegliata “sorpresa” dall’entità irrisoria del risarcimento ottenuto per la morte di quel ragazzo sgozzato senza motivo da un immigrato. Un secondo schiaffo a quattro anni esatti dall’omicidio»: appena 21.000 euro da dividere tra madre, padre e fratello della vittima, come previsto dalla legge. Più o meno la stessa per cui, denuncia il papà del ragazzo attraverso le parole del suo legale, un cacciatore è stato risarcito di 11.000 euro per l’assassinio del suo cane. «La vita di mio figlio vale meno di quella di un cane», si dispera il padre dalle colonne de La Nazione rilanciate da Il Giornale che, tra le righe, ricorda come un verdetto del genere elevi al quadrato lo sfregio inferto in aula dall’assassino ai tempi del processo ostentando il dito medio all’uscita del tribunale…

L’iter processuale della richiesta di risarcimento della famiglia

Una sentenza che non spiega e non dà ragione di quanto la mamma di David è tornata a denunciare ancora oggi: «Perché (l’assassino ndr) stava a Terni, qualcuno me lo sa spiegare?… Perché stava in Italia e perché stava in Umbria, qualcuno me lo dovrebbe spiegare»… Già, perché il marocchino Amine Assoul, l’assassino, non sarebbe dovuto essere lì: era un clandestino senza permesso di soggiorno, con a carico una serie di denunce e di condanne che anche solo la metà di esse sarebbe bastata a far entrare un criminale in carcere e a buttare la chiave; una situazione, la sua, che quantomeno avrebbero giustificato l’esecuzione di un rimpatrio a Casablanca. E invece? Niente di tutto questo: girava indisturbato per l’Italia, stanziale a Terni dove prima di uccidere David, ha aggredito due poliziotti e poi, intorno alla mezzanotte della stessa giornata, tra il 12 e il 13 marzo del 2015, ha afferrato una bottiglia e ci ha sgozzato il povero ragazzo indifeso. Ora lo straniero è rinchiuso nel carcere di Spoleto dove dovrà scontare 30anni di carcere come confermato in appello con il verdetto della camera di consiglio del Tribunale di Perugia al termine di un’udienza terminata con la provocazione del dito medio alzato verso i familiari della vittima che ha scatenato la comprensibile reazione degli amici di David.

Alla fine non è colpa di nessuno: «L’assassino non poteva essere espulso». Ecco perché…

Dunque, la giustizia ha fatto il suo corso, per quanto concerne la condanna dell’assassino; ma il punto, oggi, non è questo: il problema oggi è che la famiglia di David dopo l’assassinio ha chiesto un risarcimento allo Stato per quella perdita ingiusta, solo che, come riporta il quotidiano diretto da Sallusti, in prima istanza «l’Italia negò l’indennizzo perché David era troppo “ricco”, visto che guadagnava circa 13mila euro all’anno e il reddito massimo per accedere al fondo è di 11mila». A quel punto la famiglia Raggi decise di citare in tribunale ministero dell’Interno e quello della Giustizia, colpevoli, ai loro occhi della mancate espulsione o, in subordine, della mancata carcerazione dell’immigrato marocchino, oltre che la Presidenza del Consiglio, chiedendo allo stato 2 milioni di euro di risarcimento da destinare in beneficenza. Quindi, ieri la doccia fredda:  giudici non ci sarebbe alcuna responsabilità da parte dello Stato. Di più: come spiegato da Il Giornale, «secondo i giudici Assaoul non poteva essere espulso, spiega l’avvocato, perché “convivente con la madre che, nel frattempo aveva acquisito la cittadinanza italiana”. Per questo sono stati assolti sia il ministero dell’Interno che quello di Giustizia. Come a dire che, il clandestino, già rispedito a casa una volta dopo essere sbarcato nel Belpaese nel 2015 e aver fatto richiesta di asilo, per poi tornare a bordo di un altro barcone, era libero di uccidere: e le responsabilità per quanto potuto accadere non sono di nessuno…

 

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