Puigdemont, il fermo in Germania si trasforma in arresto: trasferito in un carcere del nord

25 Mar 2018 18:32 - di Redazione

Se ne parlava da mesi: il momento dell’arresto del leader indipendentista catalano, paventato fino ai giorni scorsi durante un breve viaggio in Finlandia, è arrivato. Carles Puigdemont è stato trasferito nel penitenziario di Neumünster, nel lander del Schleswig-Holstein, nel nord della Germania, dove – secondo quanto riferito dalla Dpa – l’ex presidente della Generalitat è arrivato nel carcere verso le 15 a bordo di veicolo con i vetri oscurati.  E mentre interrogativi e rumors, indiscrezioni e supposizioni si susseguono da ore incalzando gli eventi, il vice procuratore generale del Schleswig-Holstein, Ralph Döpper, non parla, non conferma, non si lascia sfuggire neppure il minimo accenno sul trasferimento, invocando «ragioni di sicurezza».

Puigdemont trasferito in un penitenziario nel nord della Germania

Come riferito nelle ultime ore, Puigdemont è stato fermato dalla polizia tedesca in base all’ordine d’arresto europeo che è stato riattivato dalla Spagna dopo che la Corte Suprema, venerdì scorso, ha confermato contro di lui accuse di ribellione, sedizione ed abuso di potere, che possono portare in Spagna ad una condanna a 30 anni di carcere. L’arresto in Germania complica la posizione processuale del leader catalano, dal momento che, a differenza del Belgio dove Puigdemont si è rifugiato cinque mesi fa, la Germania ha nel suo codice penale il reato di alto tradimento, equiparabile a quello di ribellione, con pene che vanno dai dieci anni all’ergastolo. Le regole del mandato d’arresto europeo, in vigore dal 2004, prevedono che, come primo passo, la magistratura tedesca decida se mantenere Puigdemont in stato di fermo mentre si decide dell’eventuale estradizione. Estradizione che potrebbe avvenire in tempi molto brevi, entro 10 giorni, se Puigdemont non si oppone. In caso contrario, la decisione deve essere presa entro un massimo di 60 giorni.

Costante la comunicazione tra le procure spagnola e tedesca

E mentre la magistratura tedesca riflette e decide per quale opzione optare tra l’estradizione del detenuto o il suo mantenimento in stato di fermo, la procura del Schleswig-Holstein riferirà già domani mattina sulla decisione in merito al fatto se Carles Puigdemont, l’ex presidente della Generalitat catalana fermato oggi in Germania sulla base dell’ordine di cattura europeo emesso dalla Spagna, dovrà rimanere in custodia cautelare, durante la procedura per l’estradizione. Da parte sua, invece, la Procura spagnola in un comunicato diramato poco fa, ha dichiarato che «per quanto riguarda la detenzione di Carles Puigdemont, la procura è in stretto contatto con la procura tedesca e con Eurojust per mettere a loro disposizione tutta la documentazione ed il materiale necessario per rendere effettivo l’ordine d’arresto europeo». Mentre dal ministero dell’Interno si conferma, come riferito in queste ore dal sito del Pais, che ora il caso dell’ex presidente della Generalitat catalana, fermato in mattinata in Germania, è in mano al tribunale d’appello dello Schleswig-Holstein. Intanto, fonti dei servizi spagnoli rendono noto che il leader indipendentista catalano era sotto controllo sin dalla sua uscita ieri dalla Finlandia ed in un primo momento si era pensato di far scattare il fermo in Danimarca. Ma poi, quando è apparso chiaro che avrebbe continuato il viaggio via terra, si è preferito farlo arrestare in Germania, Paese con il quale la Spagna ha migliori relazioni di cooperazione di polizia.

Cortei a Barcellona contro l’arresto di Puigdemont

Intanto, come è facile intuire, la notizia del fermo di Puigdemont sta provocando proteste da parte degli esponenti politici in Catalogna, dove è stata indetta per questo pomeriggio una manifestazione contro l’arresto dell’ex presidente e la detenzione degli altri leader indipendentisti. «La Spagna non garantisce un giudizio equo, solo vendetta e repressione», ha twittato Elsa Artadi, portavoce di Junts per Catalunya (JxCat), la formazione politica di Puigdemont. Mentre Mireia Boya, ex deputata del Cup, ha rivolto un appello all’Unione Europea: «Ora si vedrà se la Ue intende avallare la violazione dei diritti fondamentali da parte dello stato spagnolo».

 

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