Orrore in ambulanza: uccideva i malati e “vendeva” i corpi alle pompe funebri

21 Dic 2017 11:01 - di Adriana De Conto

Orrore e incredulità. Malati terminali uccisi su un’ambulanza, iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno, e poi i corpi “venduti” per 300 euro a agenzie di onoranze funebri. Era questa l’ipotesi, che dà il nome all’operazione in corso dei carabinieri, l’Ambulanza della morte, sulla quale stava lavorando da mesi la Procura di Catania che aveva aperto un’inchiesta per omicidio dopo le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, che accusa la mafia locale di avere avuto un ruolo nella vicenda.

Di tre omicidi è  accusato un uomo che avrebbe appunto provocato la morte di tre persone anziane e malate per potere poi offrire ai familiari i servizi a pagamento di onoranze funebri. L’uomo è ritenuto vicino al clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello ed è stato arrestato dai carabinieri di Paternò per omicidio volontario dopo il provvedimento emesso dal Gip di Catania su richiesta della locale Procura. Nel provvedimento del Gip si sottolinea come l’uomo sia indagato «per omicidio volontario ai danni di tre persone anziane e malate, crimini commessi con l’aggravante di aver agevolato le attività illecite sia dell’associazione di tipo mafioso operante in Biancavilla e storicamente denominato clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello, sia dell’associazione di tipo mafioso operante in Adrano denominato clan Santangelo». Lo leggiamo sulla ricostruzione de La Sicilia.

Il decesso avveniva durante il trasporto dall’ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012. All’insaputa dell’ospedale e dei medici. Le prime rivelazioni il “pentito” le aveva fatte in un’intervista a “Le Iene” e poi si era recato in Procura per riferire dei fatti a sua conoscenza. Carabinieri della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, hanno acquisito cartelle cliniche nell’ospedale. «La gente non moriva per mano di Dio», spiegò allora il collaboratore, ma per «guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50». Secondo la sua ricostruzione, il malato terminale tornava a casa «siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia», così i familiari non se ne accorgevano. Approfittando del momento di grande dolore proponevano l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, «poi gli facevano un regalino», i 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che «erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza» e che i «soldi andavano all’organizzazione».

 

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