Dal biotestamento all’eutanasia, i Radicali ci provano con il video-spot su Irene
Il passo è lungo, ma può essere breve, brevissimo. Approvato il testamento biologico, la battaglia dei Radicali e della sinistra laica è già diretta verso l’eutanasia legale, nel nome del dj Fabo e di Piergiorgio Welby, ma anche di Luca Coscioni, la cui associazione che porta il suo nome rilancia con un video che documenta la tragica storia di un’altra ragazza che era disposta a farla finita a causa delle sofferenze che le infliggeva la sua malattia. Il nuovo volto della campagna dei Radicali è quello di Irene, 30 anni, morta lo scorso 24 agosto per adenocarcinoma polmonare diagnosticato al quarto stadio nel 2015, due giorni dopo aver concluso le procedure per ottenere aiuto medico alla morte volontaria in Svizzera, senza riuscire a raggiungerla. Malattia che non le ha impedito negli ultimi due anni di essere felice, viaggiare, adottare un cane e sposarsi, fa sapere l’Associazione diffondendo un video in cui proprio il marito Andrea Curiazi dice agli “illustri rappresentanti del popolo italiano” che è arrivata l’ora di parlare di eutanasia legale.
Il video pro-eutanasia su Irene
Nel filmato “La battaglia di Irene” – che si conclude con l’accorato e doloroso appello del marito (che sarà presente anche al Consiglio Generale dell’Associazione mercoledì 20 dicembre a Roma, giorno dell’11esimo anniversario della morte di Piergiorgio Welby) – si racconta tutta la storia della giovane. Irene aveva contattato la clinica svizzera “Dignitas” a gennaio 2016, per fare richiesta di assistenza al suicidio ad agosto 2017 e contattare Marco Cappato al ritorno da un viaggio in camper in Nord Europa. Ma non ha fatto in tempo: è morta subito dopo aver presentato tutta la documentazione e fatto il pagamento dell’ultima tranche per avviare la richiesta di “luce verde provvisoria”. Irene non ha fatto in tempo a morire come avrebbe voluto; così come capita a chi non può permettersi i costi o non è più nelle condizioni di affrontare il viaggio o non può contare sull’aiuto di qualcuno che si assuma la responsabilità penale di assisterlo nel trasferimento. Irene avrebbe voluto essere padrona del suo destino ma soprattutto vorrebbe – sottolinea l’Associazione – che il suo caso possa essere d’aiuto a chi oggi, in Italia, lotta perché sia discussa e approvata in Parlamento una legge sul fine vita che possa garantire a tutti di decidere autonomamente e di morire degnamente. Conquistato il testamento biologico, quindi, “l’obiettivo ora è il raggiungimento di una legge per la legalizzazione dell’eutanasia”. In Parlamento c’è già una proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, conclude l’Associazione, “depositata 4 anni e mezzo fa e mai discussa nemmeno per un minuto”.
A conferma che la battaglia sul fine vita e sul biotestamento era solo un cavallo di Troia per arrivare a teorizzare la libera morte e l’eutanasia come diritto.