Il libro di Gervaso sul Cav: «Berlusconi, un uomo capace di vendere la carne ai vegani»
Precursore sui tempi, innovatore e decisamente poliedrico in quanto a talenti e interessi, ma, soprattutto, un grande comunicatore e fonte d’ispirazione per editoria e cinema, mondi creativi e imprenditoriali di cui è da sempre abile addetto ai lavori. Non stupisce allora se, dopo essere stato scelto come personaggio principale del nuovo film che Paolo Sorrentino sta girando in queste settimane, oggi Silvio Berlusconi figura anche come protagonista dell’ultima fatica letteraria firmata da Roberto Gervaso.
Roberto Gervaso presenta il suo libro su Berlusconi
Autore che, con un pizzico di arguzia promozionale e grande fiducia nel suo lavoro, confessa: «Vorrei che questo libro diventasse un film». E il libro, per l’appunto, è Le cose come stanno, edito da Mondadori, un racconto in cui, per stessa ammissione dell’autore, «il personaggio è totalmente cinematografico, rappresenta l’italiano medio, con tutti i vizi e le virtù che lo caratterizzano». «Una sceneggiatura – aggiunge a stretto giro Gervaso quasi come in un invito a dare seguito alla sua implicita proposta – che aspetta il protagonista, il regista e, ovviamente, il produttore».
«Un uomo generoso che ha subito un accanimento esagerato»
Ruoli che potrebbero, perché no? Essere assunti dallo stesso protagonista del libro, che come ricorda il suo autore, è un uomo in grado di vendere «l’arrosto ai vegetariani e anche ai vegani». Del resto Gervaso, presentando il suo Le cose come stanno al Palazzo dell’Informazione di piazza Mastai prosegue sottolineando: «Berlusconi è un capo nato, il più geniale imprenditore del dopoguerra, che ha applicato i principi dell’imprenditoria alla politica. È un uomo generoso, un uomo di battaglia, che vuole la rivalsa; vuole la rivincita che gli spetta, perché c’è stato un accanimento esagerato. Crede alle sue bugie e soprattutto fa in modo che ci credano gli altri». Infine, la chiosa investe il competitore numero uno del Cav, Matteo Renzi, al quale, confessa lo scrittore, «riconosco un grandissimo merito: ha trasformato quel moralismo snob, pedagogico, spocchioso dei radical chic, genia che io detesto, e ha fatto della loro mecca a Capalbio una necropoli».