Referendum lombardo-veneto: il si all’autonomia non fa rima con secessione

2 Ago 2017 11:35 - di Raffaele Zanon

Da sempre sono stato in prima linea per ancorare la Destra politica alle sacrosante rivendicazioni dei veneti. Sono convinto che, in questo particolare momento storico,  sia utile affrontare la “questione settentrionale”, perché essa sta assumendo il valore di  priorità nel quadro del sistema economico e sociale. Sottovalutare, nel dibattito politico, la valenza del referendum che si terrà ad ottobre nel lombardo-veneto potrebbe determinare effetti di ulteriore distacco dal paese reale. Infatti, considerare la consultazione referendaria di portata localistica sarebbe miope, dal momento che saranno chiamati al voto 15 milioni di elettori delle due regioni più ricche e produttive d’Italia; parliamo di circa il 40% del Prodotto interno lordo nazionale e di un residuo fiscale (la differenza tra ciò che un territorio paga di tasse e ciò che riceve in beni e servizi dalla macchina pubblica) di circa 80 miliardi di euro. In questa occasione la Destra deve investire politicamente, al fine di ricostruire un rapporto positivo con il Nord e con i suoi abitanti, condannando ogni forma di assistenzialismo e centralismo, per diventare protagonista di una reale riforma dello stato che sappia interpretare anche le esigenze del Nord. Questa è una partita politica più ampia di quanto possa apparire soprattutto nel dibattito che si sta sviluppando in Veneto, Regione che è ritornata ad essere la locomotiva per il sistema Italia. Alcuni considerano questo referendum inutile e propagandistico, essendo destinato, per la sua natura meramente consultiva e non vincolante, a non produrre alcun effetto concreto sul piano giuridico-costituzionale, perché Lombardia e Veneto avrebbero potuto provare a trattare direttamente con lo Stato, nei limiti e nei modi previsti dall’art. 116 comma III della Costituzione. In verità le due regioni ci hanno anche provato senza mai arrivare al fondo della trattativa con Roma anche per alcuni scandali “epocali” che hanno investito le loro stesse classi dirigenti. In virtù dei cambi di governance e di un accentuato ritorno al centralismo voluto dai governi Monti, Letta e in particolare da Renzi, questo referendum rappresenta uno strumento per riproporre il negoziato con lo Stato, al fine di ottenere maggiori poteri e più risorse, da una posizione di ampio consenso popolare. Per la Destra il dibattito referendario è utile per affrontare i temi nodali come quello dell’economia, del lavoro e della riforma del welfare e aprire un cantiere di proposta istituzionale per una riforma dello Stato e del sistema delle autonomie. Una  proposta di riforma che proponga la revisione dei “corpi intermedi” con abolizione “VERA” delle Province e la modifica di un regionalismo che ha mostrato anche i suoi limiti con una sovrastrutturazione forzata. L’idea di un forte federalismo municipale, fondato sulla piena attuazione del principio di sussidiarietà e di responsabilità degli amministratori locali può essere la chiave di volta per valorizzare le specificità e le identità costituenti il tessuto sociale e culturale (anche perché l’autonomia non è mai stata imposta e deve essere una conquista frutto di lunghi processi riformatori com’è accaduto per molte realtà europee). Dopo il referendum Lombardo-Veneto le opzioni di tipo federalista possono ritrovare priorità e dignità nell’agenda della politica. Le aspirazioni autonomiste dei veneti e dei lombardi, da non confondere con quelle secessioniste, possono attivare il consolidamento di un modello di governo caratterizzato da azioni politiche sempre ispirate alla sussidiarietà, al primato dell’individuo, del capitale umano e del protagonismo dei corpi sociali. In due parole: FEDERALISMO FISCALE. I dati finanziari,  dimostrano Lombardia e Veneto si caratterizzano per la virtuosità della gestione: hanno entrambe i conti in regola nella riduzione del prelievo fiscale non avendo imposto né nuove tasse né altri tipi di balzelli. In poche parole hanno dimostrato di riuscire a fare bene nella sanità ,nel sociale dell’organizzazione del territorio e dell’ambiente. Zaia e Maroni sanno che, trattenendo solo la metà del loro residuo fiscale, raddoppierebbero le loro possibilità di rispondere ai bisogni della gente e del mondo produttivo. Veneto e Lombardia sono pronte ad una nuova governance, in un regime di federalismo fiscale, senza andare a pesare sul bilancio dello Stato né a danneggiare altre Regioni. Il dibattito che si sta svolgendo nell’occasione referendaria permette di accelerare quei processi che l’elettorato, soprattutto al nord, ci chiede. Ecco perchè la Destra non deve rinunciare a rappresentare un forte spirito autonomista accompagnato da una visione organica ed innovativa dello Stato.

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