Chemlal: «Volevamo colpire la Sagrada Familia e altri simboli di Barcellona»

22 Ago 2017 19:27 - di Paolo Lami

Il piano dei terroristi jiahdisti era colpire la Basilica della Sagrada Familia e altri luoghi simbolo di Barcellona. E’ quanto ha raccontato ai giudici dell’Audiencia Nacional, Mohamed Houli Chemlal, il 21enne rimasto ferito nell’esplosione di una casa ad Alacanar alla vigilia dell’attacco terroristico sulla Rambla che ha fatto 14 vittime. E’ quanto riferiscono fonti giudiziarie presenti all’interrogatorio, citate da El Mundo.
Chemlal ha confermato che la cellula terroristica intendeva compiere un attentato molto più grave di quello avvenuto giovedì, alla Sagrada Familia, ma che lo scoppio del covo dove il gruppo preparava l’esplosivo ha cambiato i loro piani.

La circostanza del progetto di un attentato ancora più grave di quello di giovedì scorso a Barcellona era stata già rivelata in precedenza da Chemlal alla polizia catalana. Comparso in aula assieme agli altri tre arrestati, Chemlal è stato il primo ad essere interrogato. Ha parlato per oltre un’ora e ha risposto a tutte le domande, hanno riferito fonti giudiziarie citate dai media spagnoli.

Secondo le rivelazioni di Chemlal, il gruppo terrorista stava preparando l’attentato dinamitardo a Barcellona con esplosivo a base di perossido di acetone, il cosiddetto Tatp, noto anche come “madre di Satana” e utilizzato anche in altri attentati rivendicati dallo Stato Islamico.

L’esplosione che ha distrutto la casa di Alcanar ha costretto il resto del gruppo a ripiegare sull’attacco con il furgone. Dopo l’interrogatorio, la Procura ha chiesto la conferma dell’arresto di Chemlal. Il giudice si pronuncerà dopo aver ascoltato anche gli altri tre arrestati: Driss Oukabir, Salh el Karib e Mohammed Allaa. La circostanza di un attacco da portare alla Sagrada Familia era già emersa nell’immediatezza del fatto. Ora la conferma di Chemlal chiude il cerchio.

Ed è polemica fra i sindacati della Guardia Civil e della polizia di Stato spagnola da un lato e le autorità catalane accusate di mancanza di collaborazione nelle indagini sull’attentato di Barcellona per dare una falsa immagine di stato indipendente. A denunciarlo è un durissimo comunicato congiunto in cui si afferma che l’esperienza antiterrorismo delle forze di sicurezza dello Stato «è stata dolosamente marginalizzata nelle indagini con un unico obiettivo: trasmettere all’esterno delle nostre frontiere l’immagine di uno stato catalano autosufficiente».

Come conseguenza di questa «strumentalizzazione della sicurezza pubblica», alla Guardia Civil è stato negato l’accesso al luogo dell’esplosione di Alcanar. E a causa della mancanza di collaborazione, si sottolinea, le autorità catalane ignoravano che l’imam di Ripoll fosse discepolo di Mohammed Mirabet, un uomo arrestato dalla polizia nazionale nell’ambito dell’inchiesta sull’attentato che causò 192 morti l’11 marzo 2004 a Madrid. I due sindacati – Asociación Unificada de los Guardias Civiles e Sindicato Unificado de Policía – esprimono il loro appoggio ai Mossos (la polizia catalana) che «hanno rischiato la loro vita per proteggere i cittadini», ma rimarcano che proprio per questo «un’azione congiunta è quanto mai necessaria”.

Il duro comunicato evidenzia le difficoltà delle indagini sullo sfondo del braccio di ferro sull’indipendenza fra Madrid e Barcellona. Il governo autonomo catalano dell’indipendentista Carles Puigdemont ha convocato per il primo ottobre un referendum sull’indipendenza della Catalogna che Madrid considera illegale. A metà luglio, Puigdemont ha condotto un rimpasto di governo per cacciare i ministri più dubbiosi sul referendum. Fra le teste cadute, quella del responsabile dell’Interno, Jordi Jané, contrario a coinvolgere la polizia nella gestione del referendum, che è stato sostituito dal nazionalista Joaquim Forn. Subito dopo si è dimesso il capo della polizia, Albert Battle.

E intanto emerge che almeno un membro, o addirittura due, della cellula jihadista legata agli attacchi di Barcellona e Cambrils, costati la vita a 15 persone, si è fermato a Zurigo lo scorso dicembre, secondo le informazioni del quotidiano spagnolo El Pais confermate dalla polizia federale.

«Siamo a conoscenza di una notte trascorsa in albergo nella regione di Zurigo nel dicembre del 2016 – ha dichiarato la portavoce di Fedpol Cathy Maret – Non conosciamo le ragioni di questo passaggio – ha aggiunto – ed è ancora troppo presto per fare un’analisi approfondita della natura di possibili collegamenti diretti con la Svizzera».

Secondo i media spagnoli, due sospetti sono andati a Zurigo nel dicembre 2016, presentandosi come i marocchini Mohamed Hychami e Youssef Aalla. Il primo è stato ucciso dalla polizia spagnola venerdì a Cambrils, l’altro è morto nell’esplosione del covo di Alcanar, a sud di Barcellona, alla vigilia dell’attacco sulla Rambla.
Secondo il giornale Tages Anzeiger di Zurigo, la polizia spagnola sospettava già alla fine del 2015 l’esistenza di un legame tra cellule “terroristiche” in Spagna e in Svizzera. «Gli attacchi a Barcellona confermano la valutazione del servizio federale di intelligence. La minaccia rimane alta», ha detto Fedpol.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *