Tito Boeri e gli immani disastri che può causare un potere inadeguato
Non conosco personalmente Tito Boeri e di lui so solo quello che si legge sui giornali: è un economista di scuola bocconiana con mamma architetto e papà neurologo, è docente universitario, è stato consulente economico d’importanti enti e istituzioni, non si è fatta mancare la collaborazione giornalistica con importanti testate e ha scritto numerose opere, molte delle quali in inglese. Salvo mio errore nella ricerca, l’ultima in ordine cronologico risale al 2012 e s’intitola: “Parlerò solo di calcio”.
L’incipit non è male dal punto di vista metaforico: «In un mondo che esclude i giovani talenti, inquinato dal potere mediatico e dalla corruzione, oberato dai debiti «Lo sport più amato dagli italiani è una metafora di problemi più generali che affliggono l’Italia? . Risponderò come nei titoli di testa dei film: ogni riferimento a mali italici realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti al di fuori del mondo del calcio è da ritenersi puramente casuale. Oggi parlerò solo di calcio».
Non si poteva pretendere, ovviamente, che continuasse a parlare solo di calcio; dall’alto della sua autorevolezza, però, avrebbe potuto ribadire, in modo più incisivo, lo schifo generato dal potere malato, che non valorizza i giovani talenti. Fatto sta che solo due anni dopo aver pubblicato quel testo, il 24 dicembre 2014, un giocherellone fiorentino con gli occhi vispi che si era impadronito del paese, dopo aver fatto un buon allenamento nella sua città natale (nota per gli eventuali lettori stranieri: in Italia è possibile che dei giocherelloni s’inventino politici e riescano a essere nominati capi di governo senza essere stati eletti al Parlamento), lo tira fuori dalla sua scatola magica di abile prestigiatore e lo nomina addirittura Presidente dell’Inps. Miracolo! Da quel momento, l’uomo che parlava di sussidio di disoccupazione; di salario minimo; di un diritto automatico e uniforme alle prestazioni sociali, in maniera analoga ai sistemi di tutele previsti dagli ordinamenti degli altri Paesi europei occidentali; l’uomo che nel 2008 dichiarava testualmente: «Ci vuole comunque la volontà di fare sul serio. È da anni che si parla di riformare i nostri ammortizzatori sociali. Ma nessun governo, quale che sia il suo colore politico, lo fa» (Un Nuovo contratto per tutti, Edizioni Chiarelettere, pag. 107) incomincia a sparare cavolate a profusione, l’ultima delle quali rievoca la famosa espressione fantozziana: “Una cagata pazzesca”. Ha dichiarato, infatti, che «bloccare l’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2021 costerebbe 141 miliardi di spesa in più da qui al 2035». Ergo, occorre lavorare sempre più a lungo… Mi si perdonino i puntini di sospensione, ma l’argomento mi tocca anche sul piano personale e quindi non riesco a scrivere parole tra l’altro facilmente intuibili. Non voglio trasformare questo articolo in una lezione di politica sociale, ribadendo le assurdità del nostro sistema pensionistico; la penosa riforma della Fornero; l’assurdità di oltre centomila pensioni d’oro che, se fossero portate a 4-5 mila euro mensili, consentirebbero di ridistribuire in modo più consono oltre sette miliardi annui; l’esiguità delle pensioni minime e tutte le altre distonie retaggio dei decenni di malapolitica, oggi aggravate dalla follia insita nelle dichiarazioni di Boeri.
È inutile parlare di ciò perché è come tinteggiare continuamente una parete umida senza rimuovere la causa dell’umidità. Il nostro sistema è malato perché è gestito non solo da uomini malvagi e disonesti, ma anche da soggetti che, improvvidamente inseriti in ruoli più grandi di loro, annaspano nella gestione. La mente umana è complessa e risponde a meccanismi condizionanti che consentono, in talune circostanze, di sostenere oggi l’esatto contrario di ciò che si affermava ieri. Sotto questo punto di vista bisogna fare molta attenzione perché è facile incorrere in un errore molto grave: si è soliti attribuire la “malafede” a chiunque agisca in modo malsano. Ciò è corretto, ovviamente, quando siamo in palese presenza dei politici che rubano, corrompono, si lasciano corrompere e utilizzano il proprio potere esclusivamente a loro vantaggio. Paradossalmente, però, non è questo l’aspetto più grave e il male peggiore! Nossignori! La faccenda si complica maledettamente quando la “malafede” viene soppiantata, in virtù di un reale sovvertimento del pensiero, dalla “buona fede”; quando, cioè, si crede realmente alle cavolate propugnate con grande rumore mediatico.
La conquista di un potere importante può generare questo meccanismo mentale in soggetti anche di buona levatura, ma non tale da reggere quel dato ruolo. Pensieri e azioni vengono adeguati al ruolo ricoperto in virtù di un condizionamento subliminale che cerca delle scorciatoie, non essendo in grado di percorrere i sentieri più ostici; oppure si obbedisce agli ordini del “padrone” (espressi in malafede), “convincendosi” che essi, in realtà, siano una cosa buona; oppure insorge la psicopatologia più diffusa e pericolosa negli uomini di potere: il delirio di onnipotenza, che induce a provare il massimo godimento quando si genera il male a milioni di persone. Per i farabutti, in teoria, dovrebbe bastare l’azione della Magistratura e una maggiore presa di coscienza degli elettori; per gli altri la faccenda è più delicata e andrebbe gestita in modo razionale sotto un profilo prettamente clinico da coloro che abbiano i titoli giusti per operare in tal senso: psicologi e psichiatri. Io sono un semplice appassionato di morfopsicologia e mi sono limitato a scrivere “Tito Boeri” su “Google” e poi cliccare su “Immagini”: sono venute fuori alcune centinaia di foto e le ho studiate attentamente. Non mi è consentito, però, scrivere ciò che ho dedotto dall’analisi. Lo facciano esperti più titolati e qualificati di me. Il Paese ha bisogno di questo: siamo in mano a persone pericolose! Facciamolo comprendere bene a chi, con leggerezza, nel segreto delle urne, crea i presupposti per la delega del potere, in ogni ambito, a soggetti inadeguati al ruolo. Un sergente bravo, che si distingua in guerra per coraggio e capacità nella gestione degli uomini sotto il suo comando, potrà essere gratificato con il massimo della considerazione e magari, dopo che abbia dimostrato realmente di meritarla, ottenere anche una promozione. Se prendi quel sergente, però, e lo nomini generale di corpo d’armata, è normale che possa perdere la testa e causare immani disastri. Ma non è certo colpa sua.