Caro Salvini, Renzi sugli immigrati non ha copiato te ma il Msi di Pino Rauti

10 Lug 2017 17:07 - di Redattore 54

“E adesso che fa, denuncia Matteo Renzi per plagio?”, chiede il cronista. E Matteo Salvini: no no non lo farò, però sono arrivati alle nostre conclusioni con venti anni di ritardo. Il riferimento è a quello slogan – “aiutiamoli a casa loro” – che ha fatto inviperire la base dem e ha inorgoglito la destra in tutte le sue varianti (finalmente – era il ragionamento – la finiranno di chiamarci “razzisti”). 

E tuttavia, Salvini sbaglia. Quello slogan circolava a destra già nei primi anni Novanta, quando lui – Salvini – era un “comunista padano” e per vivere consegnava le pizze. E lo slogan fece da guida alla linea sugli immigrati assunta dal Msi durante la breve stagione (1990 – 1991) della segreteria di Pino Rauti. Riecheggiava nei documenti del FdG che riprendevano le idee di Alain de Benoist sullo “sviluppo autocentrico” dei popoli del Terzo Mondo e persino nei convegni femminili organizzati dal Centro Studi Futura si parlava dello sradicamento delle donne immigrate. Alle feste giovanili si insisteva sulla tesi che nel mondo si andava creando una nuova polarità Nord-Sud al posto di quella Est-Ovest successiva alla Seconda guerra mondiale. Ci sono libri, volantini e manifesti che documentano tutto ciò. 

Pino Rauti fece del concetto “aiutiamoli a casa loro” una sorta di bandiera propagandistica. E ne spiegò il senso in una famosa intervista al quotidiano Il Manifesto rilasciata a Norma Rangeri, che oggi è direttrice della testata. “Nessuno si pone la domanda pregiudiziale: perché sono emigrati? – diceva Rauti – Vi racconto un aneddoto, cosi spiego perché la penso diversamente dalla destra classica, e anche dalle tesi del mio partito. Una mattina di sette anni fa, insieme ad altri deputati della commissione sanità, andai a Birmingham, per visitare una clinica di malattie mentali. Entrammo in città dalla periferia dove vivevano allora 400mila immigrati di colore. Non vedemmo gli uomini che erano a lavorare ma i bambini e le donne sotto un cielo grigio. E li mi chiesi che ci stanno a fare, lontano dalla loro terra. Mi colpì lo sradicamento, lo spaventoso costo esistenziale. Perché poi e vero che riempiono le carceri e le cliniche psichiatriche. Voglio dire che nel difendere la nostra identità, noi europei dobbiamo difendere anche la loro identità e dobbiamo contestare il meccanismo di sradicamento e di espulsione che li porta a vivere in condizioni drammatiche e ad offrire manodopera a basso costo al neocapitalismo”.

Va sottolineato che Rauti (all’epoca di questa intervista non ancora segretario) polemizzava con il Msi proprio sulla linea lepenista di quest’ultimo (all’epoca rivendicata da Gianfranco Fini che solo molto più tardi se ne discostò) e sosteneva che la destra non doveva compiere l’errore di “cadere nel razzismo”. Ai giovani anzi, nella stessa intervista, consigliava di leggere meno Evola e di dedicarsi a studiare come agivano le multinazionali nel Terzo mondo. Al contrario – era la sua ricetta – “dobbiamo rivedere i rapporti con il Terzo mondo. E capire che, se non si creano lì le condizioni per restare, saremo sommersi”. Ed eccolo qua quello slogan, “aiutiamoli a casa loro”, che oggi tutti si contendono: grillini, leghisti, renziani (con qualche ritrosia e vergogna nel caso di questi ultimi). Uno slogan il cui copyright – avrebbe detto Rauti – “viene da lontano”… .  

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