Quando l’Urss fece scoppiare la Guerra dei 6 Giorni. E l’Onu scappò….

5 Giu 2017 14:10 - di Antonio Pannullo

Iniziava 50 anni fa oggi, il 5 giugno quella guerra che il presidente egiziano Nasser chiamò al Naksah, la sconfitta. Che vide Israele opposto a Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Siria e Iraq. Come è ormai noto, la guerra si trasformò in una rotta clamorosa e anche imprevedibile per gli eserciti arabi. Quella che fu chiamata la Guerra dei 6 Giorni aveva i suoi prodromi nella costituzione dello Stato di Israele, nel 1948. Situazione che gli arabi non avevano – e non hanno ancora – accettato. All’epoca l’Egitto era guidato da un grande presidente, Gamal Nasser, che era salito al potere nel 1952 con un colpo di Stato contro re Farouk. Nasser era un panarabista convinto e aveva portato l’Egitto tra i Paesi non allineati, finendo poi nell’orbita sovietica. E questo fu la sua rovina e quella degli altri Paesi arabi coinvolti: i servizi segreti sovietici – allora c’era al governo dell’Urss Leonid Breznev – fornirono al fiducioso Nasser falsi rapporti secondo cui gli israeliani stavano ammassando truppe ai confini israelo-egiziani. Il Cairo mise in allarme gli alleati arabi che si prepararono all’intervento armato contro Israele: sarebbe ipocrita negare che allora come ora quegli Stati miravano all’annientamento totale di Israele. Né va negato che all’interno di Israele c’era un clima di tensione e di paranoia, che sfociò nella sindrome dell’accerchiamento e in un quasi golpe. I fatti sono consegnati alla storia: l’esercito di Nasser “convinse” i caschi blu delle Nazioni Unite sul Sinai ad andarsene, cosa che fecero subito. E mentre gli eserciti arabi ammassarono (loro veramente) le truppe per colpire Israele, Israele decise di effettuare un’azione preventiva, la famosa Operazione Focus.

In sei giorni Israele distrusse gli eserciti di Egitto e Siria

Lo Stato ebraico sapeva che sarebbe stato schiacciato in caso di un attacco coordinato degli eserciti dei quattro Paesi arabi, coordinamento però che non vi fu, e sapeva che gli arabi volevano sterminare tutti gli israeliani, e pertanto decise di anticiparli con un’azione veramente rischiosa: lasciando solo una dozzina di aerei a difesa dello Stato, lanciò tutto lo stormo contro l’Egitto, che non si aspettava nulla del genere. Volando a 15 metri di altezza, che con un caccia-bombardiere non è proprio la cosa più facile del mondo, i 200 aerei con la stella di Davide annientarono a terra l’aviazione egiziana. Rabin, che era allora capo di Stato maggiore di Tshal, poté dichiarare: “L’aeronautica egiziana non esiste più”. Poche ore dopo lo stesso toccò all’aviazione siriana e alle loro piste di decollo. E in effetti 300 Mig, forniti dall’Urss, su 400 furono distrutti. Contemporaneamente Moshe Dayan invadeva per la via terrestre, Operazione lenzuolo rosso, conquistando con relativa facilità la Striscia di Gaza e il Sinai. La Giordania di re Hussein iniziò a cannoneggiare Gerusalemme e Tel Aviv, portando anche attacchi aerei, ma la reazione israeliana la fece desistere. Successivamente Tshal entrava in Cisgiordania. Il 6 giugno l’esercito egiziano si ritirò oltre il Canale di Suez martellata dagli israeliani che consolidarono l’intervento in Cisgiordania. Il 7 giugno si cominciò a fare sul serio sulle alture del Golan, con i siriani che sparavano su Israele e Israele che bombardava coi caccia. L’8 giugno gli israeliani colpirono persantmente l’esercito egiziano in ritirata e attaccarono, facendo vittime, una nave-spia americana. Il 9 giugno Egitto e Giordania si erano arresi. La SIria voleva cessare il fuoco ma Moshe Dayan decise di attaccare le alture del Golan, che furono conquistate pur se con alti costi umani. L’esercito israeliano si fermò a 60 chilometri da Damasco. Il 10 giugno Israele decise di cessare le ostilità: il suo territorio era quadruplicato in sei giorni.

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