“Le foto dei bimbi su Fb? Finiscono su siti pedofili”. Allarme del garante della privacy

6 Giu 2017 19:14 - di Davide Ventola

Dalle bacheche Facebook e Instagram le foto dei proprio bambini rischiano di finire su siti pedofili. A lanciare l’allarme è il garante della privacy, nella relazione annuale. «Secondo recenti ricerche – ha detto Antonello Soro nel suo intervento – la pedopornografia in rete e, particolarmente nel dark web, sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 due milioni le immagini censite, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Fonte involontaria sarebbero i social network in cui genitori postano le immagini dei figli».

“I pedofili saccheggiano i profili sui Social network”

Per Soro, «tra i rischi di un uso distorto del web e di una certa tendenza all’autismo informativo – per cui si tende a ricercare, in una spirale auto confermativa, le notizie che rafforzano le nostre convinzioni – vi è anche quello delle fake news». Definizione attribuita a cose molto diverse tra loro (falsità, tweet automatizzati, hate speech, veri attacchi cibernetici), accomunate dalla tendenza a far dipendere l’attendibilità della notizia non dalla sua verificabilità, ma dalla quantità di condivisioni ottenute. Diversi social network hanno sviluppato strumenti per aiutare gli utenti a verificare le informazioni presenti sulla loro piattaforma e contrastare le bufale virali. E diverse soluzioni sono state proposte anche in sede politica.

“Non solo allarme pedofili: c’è il pericolo delle fake news”

«Su questo terreno – ha spiegato Soro nella sua relazione – penso che non siano risolutive né la via esclusivamente tecnologica – che automatizzando il riscontro fattuale deprimerebbe ulteriormente il senso critico – né quella penale, che finirebbe con l’assegnare alla magistratura il ruolo di Tribunale della Verità». Per il garante della Privacy, «laddove in democrazia l’esattezza non è conseguibile altrimenti che con il pluralismo dialettico. Ferme restando le norme anche penali a tutela della dignità, che delimitano il confine oltre il quale la libertà di espressione non può spingersi».

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