Ius soli, Micalessin scrive a Minniti: si sbaglia, non siamo cattivi maestri

20 Giu 2017 12:35 - di Redazione

«Gentile ministro Marco Minniti, come lei ben sa anche all’interno dell’area di centrodestra e di destra molti guardano a lei come a un politico onesto e pragmatico poco incline all’ideologia, però…». Gian Micalessin, inviato di guerra del Giornale e fondatore dell‘Agenzia Albatros insieme ai triestini Fausto Biloslavo e all’indimenticabile  Almerigo Grilz , scrive all’inquilino del Viminale sorpreso dai toni duri del suo intervento sullo ius soli nel quale liquida come «cattivi maestri» quanti osano contrastare la legge sulla cittadinanza italiana ai figli degli immgrati.

Micalessin: caro Minniti stavolta si sbaglia

«Come lei ben sa il termine “cattivi maestri” ha un significato politicamente pesante»,  puntualizza il giornalista ricordando come a tempi delle Brigate rosse quell’espressione indicava «chi ispirava od orientava la vasta area di militanti che ne condivideva la scelta ideologica» e che oggi il termine «continua a venir utilizzato per indicare quanti nell’ambito del fondamentalismo islamico esercitano quella propaganda dell’odio che regalare sostenitori e militanti alle fazioni jihadiste». Oggi chi si contrappone allo ius soli è ben lungi dal voler sovvertire Stato e istituzioni, scrive Micalessin. «Chi critica tempi e modi di quel provvedimento ritiene piuttosto che Stato e istituzioni debbano essere più forti e strutturati per sopportarne l’eventuale entrata in vigore. Senza uno Stato forte, senza una scuola in grado diinstillare nei figli degli stranieri l’orgoglio diappartenere a questa Nazione e a questa Patria, condividendone non solo la bandiera e la carta d’identità, ma anche tradizioni, leggi e ordinamenti sociali, sarà difficile arrivare a quell’integrazione che lei giustamente indica come il miglior antidoto al terrorismo».

Tutti i guai dello ius soli

Con meticolosa puntualità Micalessin mette in guardia dalle conseguenze concrete di una legge più ispirata all’ideologia che all’effettiva necessità. «Mentre il governo di cui fa parte si accinge a varare un provvedimento che garantirà la cittadinanza a 900mila figli di stranieri, per poi successivamente italianizzarne circa 60mila ogni anno – scrive ancora a Minniti – l’Italia fa i conti con i problemi della scuola. All’interno di quell’istituzione atti leciti, se non doverosi, come cantare l’inno nazionale, esibire la bandiera, festeggiare il Natale, allestire il presepe vengono spesso liquidati come atti “divisivi” anziché come sacrosante espressioni dell’identità nazionale. Con un sistema scuola incapace di trasmettere persino agli alunni italiani il senso della Nazione lei ritiene veramente si possano forgiare e integrare dei «nuovi italiani» degni di questo nome? »

Le falle del sistema scolastico 

«C’è da chiedersi –  conclude il giornalista esperto dei teatri di guerra mediorientali – poi se il nostro sistema scolastico e sociale sia più strutturato di quello di Paesi come Gran Bretagna e Francia. In quei Paesi, seppur tra mille contraddizioni, il senso d’identità nazionale si è sempre manifestato con più evidenza e orgoglio che in Italia. Converrà che di fronte a queste premesse esprimere qualche dubbio sull’opportunità di introdurre in tutta fretta lo ius soli sia non solo lecito, ma doveroso. Anche perché tra dieci anni l’accusa di “cattivo maestro” rischia di ricadere sulle teste di quanti oggi scommettono su un’integrazione tanto facile quanto automatica».

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