Cancro al seno, una speranza più che concreta arriva dalla ricerca italiana

15 Mar 2017 15:33 - di

Staminali del cancro: colpite e affondate. Suona come “un traguardo storico” quello messo a segno contro il tumore al seno da un team di scienziati milanesi di Ieo, Ifom e università statale. Il lavoro, pubblicato su Embo Molecular Medicine e finanziato dall’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, dimostra l’efficacia di una classe di farmaci già in fase di sviluppo clinico – le nutline – nell’eliminare le cellule che rappresentano il serbatoio del big killer delle donne. Risultati ottenuti per ora su un modello preclinico, ma che fanno sperare in un successo inseguito da tempo: “Impedire che il cancro del seno riprenda a svilupparsi anche dopo la chemioterapia”. I ricercatori ci sperano. “In un futuro non troppo distante potrebbe diventare possibile”, riferiscono dall’Istituto europeo di oncologia, dall’Istituto Firc di oncologia molecolare e dall’Unimi. Proprio “le nutline potrebbero neutralizzare le cellule staminali del cancro, che non vengono colpite dalla chemio e sono le responsabili della ripresa e della diffusione del tumore”. E “associando la chemioterapia che distrugge la maggior parte delle cellule malate, alle nutline che distruggono le staminali tumorali, le probabilità di guarigione aumentano”. Si tratta al momento di “una scoperta limitata al campo sperimentale preclinico – tengono però a precisare gli studiosi – che dovrà essere convalidata da adeguati studi clinici”. “Un farmaco che colpisce le cellule staminali del tumore del seno è un traguardo storico – assicura Daniela Tosoni, ricercatrice del Programma di medicina molecolare dell’Ieo e prima firmataria del lavoro – In molte pazienti che si sottopongono a chemioterapia il tumore va inizialmente in remissione, ma si ripresenta quando il trattamento viene interrotto a causa della resistenza delle staminali alla chemio stessa”.

Si possono colpire le cellule staminali del cancro

“La ricerca sta dimostrando che questo fenomeno, detto chemioresistenza, è dovuto alla presenza delle staminali tumorali, cellule madri che continuano a riprodursi all’infinito e sono in grado di promuovere la crescita dei tumori anche se le figlie vengono distrutte dai farmaci chemioterapici. Noi abbiamo scoperto che un farmaco, la nutlina-3, ha come bersaglio specifico le cellule staminali e l’abbiamo associato al paclitaxel, un comune chemioterapico. I risultati ottenuti nel modello preclinico dimostrano che questa combinazione aumenta la risposta del tumore alla chemio e ostacola la ripresa di malattia dopo la sospensione del trattamento”. “E’ una scoperta importante – conferma Salvatore Pece, vice direttore del Programma di medicina molecolare Ieo e professore all’università degli Studi di Milano – che si colloca in una linea di ricerca di cui Ieo, Ifom e Unimi sono pionieri”: lo studio della relazione che esiste, nei tumori del seno, tra aggressività della malattia e presenza di cellule staminali e il ruolo della proteina Numb. “In lavori precedenti – spiega il docente – abbiamo scoperto che questa sostanza è un soppressore tumorale nella ghiandola mammaria ed è legata a un’altra proteina che ha a sua volta un ruolo noto nell’arrestare la proliferazione tumorale: la p53. Se il gene Numb viene danneggiato i livelli di p53 diminuiscono, e questo meccanismo di doppia perdita causa lo sviluppo di tumori più aggressivi e particolarmente arricchiti di cellule staminali. Abbiamo allora studiato il legame fra Numb e staminali, trovando che la perdita di Numb, con la conseguente riduzione di p53, aumenta la possibilità di comparsa e proliferazione di staminali tumorali. Così, in carenza di Numb, il tumore del seno si forma, si riforma e si diffonde, anche dopo trattamento chemioterapico”. “La sfida era dunque ristabilire i livelli di p53, lo scudo che ferma le staminali, nei tumori più gravi e chemioresistenti”, prosegue Pier Paolo Di Fiore, direttore del Programma di medicina molecolare dell’Ieo, Group Leader all’Ifom e professore alla Statale. “Abbiamo scoperto – riassume Di Fiore – che una molecola già in fase di sviluppo clinico, la nutlina-3, è in grado di ripristinare la quantità di p53 nei tumori del seno che hanno carenza di Numb, rendendo così il tumore meno aggressivo e meno ricco di staminali”. “Abbiamo inoltre sperimentato – aggiunge – che l’associazione di questo farmaco con il paclitaxel ottiene il doppio effetto di potenziare l’efficacia della chemioterapia e ostacolare la ricrescita post-trattamento. Questi risultati emergono dallo studio di un modello preclinico e bisogna ora tradurli in qualcosa che possa essere di reale beneficio per le pazienti tramite appropriati studi clinici”. “Bisogna esser cauti e prudenti – ammonisce lo scienziato – perché non sempre le ricerche precliniche sono coronate da successo nel trasferimento alla clinica. In questo caso abbiamo buone speranze che la cosa possa funzionare, anche con l’obiettivo di ottenere terapie non solo più efficaci, ma pure meno tossiche”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *