Il j’accuse contro i vertici Alitalia: errori e sprechi, così finisce fuori pista

4 Feb 2017 15:33 - di Paolo Lami

Settemila persone portate in viaggio ad Abu Dhabi per un corso. E poi gli interventi di restyling interni degli aerei buttati via poco dopo. E ancora, come se non bastasse, il cambio delle divise. E la revisione dei motori degli aerei spediti all’estero con costi esorbitanti schizzati verso l’alto.
E’ durissimo e altrettanto argomentato l’atto d’accusa che i sindacati lanciano contro i vertici Alitalia accusandoli di errori manageriali e sprechi gestionali inimmaginabili. Un disastro che ora rischia di portare la compagnia di bandiera dritta verso l’amministrazione straordinaria dell’azienda.

Oddio, non è che i sindacati possano chiamarsi fuori da questo naufragio. Anche da questo punto di vista le responsabilità sono molteplici. Ma resta il fatto che le scelte fatte, non solo ora, da parte manageriale appaiono veramente inspiegabili in un susseguirsi di passi falsi le cui conseguenze sarebbero dovute essere prevedibili. Soprattutto da parte di chi da anni si fregia di capacità manageriali.

«Rendersi conto da parte di Ethiad, dopo due anni di gestione, che le alleanze con Air France KLM e Delta limitano lo sviluppo delle rotte e che Alitalia paga leasing con costi fuori mercato, ci lascia basiti – accusa  il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi – Questo stato di incertezza non mette il sindacato nelle migliori condizioni per contribuire al processo di risanamento dell’azienda che senza la valorizzazione e partecipazione dei lavoratori non è realizzabile».

Aldilà del linguaggio sindacalese, c’è un elenco di errori, omissioni, sprechi e cantonate. Oppure spiegabili ma con il metro del sindacalista Uil. Che si chiede se «il tutto non sia finalizzato ad una strategia precostituita per andare verso l’amministrazione straordinaria dell’azienda».

«Del progetto di sviluppare il lungo raggio – ricorda Tarlazzi – non si è visto nulla. Anzi alcune rotte sono state tagliate e ad altre ridotte nelle frequenze. E, con preoccupazione, notiamo che la (rotta, ndr) Rio in particolare e la Bogotà, rotta nei programmi di Alitalia di questo anno, sono entrate nell’accordo code sharing tra Ethiad e Lufthansa». Il rischio? «Che tale traffico non passi neanche più da Fiumicino».

«Inoltre – lamenta il sindacalista – in questi due anni non si contano gli sprechi di denaro, tra cui, a solo titolo di esempio, il cambio delle divise, gli interventi di restyling degli interni degli aerei poi buttati via dopo pochi mesi, la manutenzione ad Abu Dhabi ed i corsi per 7.000 persone portate là» ad Abu Dhabi.

Certo, ammette Tarlazzi, non è «colpa solo dell’ultima gestione. Ma è bene ricordare che Alitalia Maintenance, dopo essere stata venduta, è stata portata al fallimento a causa del disimpegno di Alitalia nella revisione dei motori, mandati all’estero con costi fuori mercato. Altrettanto si può dire della manutenzione ciclica esternalizzata, con costi superiori a quelli che sarebbero risultati se fosse stata fatta in azienda».

«Tutto ciò – avverte il sindacalista – richiede da subito un cambio di marcia con un’urgente strategia industriale e finanziaria e con investimenti immediati per sviluppare il lungo raggio in completamento con un feeder, (collegamento, ndr) di cui non si può fare a meno».

Le conclusioni non sono esaltanti. «Le alleanze sono opportune se utili – dice Tarlazzi – ma la nostra percezione è che Alitalia non sappia cosa fare. Affronta la situazione navigando a vista nella nebbia e, come spesso succede, non essendo in grado di invertire il trend del calo dei ricavi vorrebbe equilibrare il sistema con il taglio dei salari». Di qui l’ennesimo sciopero, il 23 febbraio prossimo. Forse non proprio la mossa migliore in un momento così critico per Alitalia.

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