Giovani kompagne crescono: «Roma è antifascista». Ma non sanno l’italiano

17 Feb 2017 12:14 - di Romana Fabiani

Roma ore 8, temperatura mite, capannello di scooter davanti a un semaforo rosso, praticamente eterno, nei pressi del Colosseo. Due ragazze in motorino, 16-17 anni, ripassano a voce alta la lezione. La più preparata è quella davanti, rossetto rosso, occhi truccati ma non troppo, che ripete a voce alta quello che ha studiato. Non ha la visiera e la sua sapienza arriva bene alle orecchie degli altri.

Roma à antifascista, parola di studentessa

«Dobbiamo dire che quelli là si sottomettono al potere così fanno come gli pare, capito?». Sarà storia, il potere coercitivo, chissà quale periodo, forse la dittatura fascista? Ma potrebbe essere anche l’età imperiale. Poi la studentessa passa all’epica. «Allora, devi ricordarti della époda di Virgilio, la quarta mi pare…», continua convinta che la professoressa resterà colpita da tanta dottrina. «Là lui (l’amico di Dante, insomma) si erge, si allontana dal mondo rurale e pensa a…, come si chiama? Sì il puer, capito Loredà?». L’amica annuisce. Finalmente scatta il verde. E le compagne di classe partono a tutto gas, zigzagando tra le macchine. Loredana sfoggia un bel casco, originale, tutto colorato. Sulla nuca un adesivo, “Roma è antifascista”. Non curante del pericolo che corre deve aver deciso di manifestare la sua fede politica. Impegnata, insomma, magari retrò. Non proprio informatissima sulla matrice politica di Roma Capitale. Però che vocazione, altro che bamboccioni… Ma Roma è anche un po’ ignorante. Piccoli studenti crescono e i compagni si allenano tra épodi e latinorum. Forse i fascisti non avrebbero sbagliato l’accento, ‘sti secchioni.  

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