Cara di Mineo, Castiglione e Odevaine verso il processo per corruzione

13 Feb 2017 13:11 - di Eleonora Guerra
cara di mineo

Ci sono anche il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione, e l’ex braccio destro di Veltroni, Luca Odevaine, fra i 17 indagati per cui la Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul Cara di Mineo, il centro d’accoglienza per immigrati più grande d’Europa. Oltre che per le 17 persone, fra le quali anche il sindaco di Mineo, Anna Aloisi, anche lei del Ncd come Castiglione, il rinvio a giudizio è stato chiesto anche per un consorzio. 

Le accuse: turbativa d’asta e voto di scambio

L’inchiesta, nata da una costola della cosiddetta Mafia Capitale, riguarda la concessione dell’appalto dei servizi dal 2011 al 2014. Le ipotesi di reato sono, a vario titolo, turbativa d’asta e corruzione aggravata finalizzata a vantaggi elettorali. Voto di scambio, insomma. A dare la notizia delle richieste di rinvio a giudizio è stato il quotidiano La Sicilia, rivelando anche che l’udienza preliminare è fissata per il 28 marzo.

Indagate 17 persone e una cooperativa

Con Castiglione, Odevaine e Aloisi, che oltre che sindaco di Mineo era anche presidente del consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”, la Procura ha chiesto di mandare a processo anche Giovanni Ferrera, ex direttore del consorzio; Salvatore Menolascina, Domenico Cammisa, Francesco Ferrara e Carmelo Parabita, ex vertici dell’Ati La Cascina; l’ex presidente della cooperativa Sisifo, Salvo Calì; Stefano Soncini, Fabrizio Rubino e Aldo Buttini, dipendenti e tecnici di Pizzarotti, la società proprietaria del Residence degli Aranci, poi entrata nell’Ati; Carmelo Limoli, Francesco Mandrà e Agrippina Gulizia, tre lavoratori del Cara che per l’accusa sono stati assunti in cambio di voti nelle coop; Rocco Ferraro e Paolo Ragusa di quelle stesse coop che sarebbero state trasformate in bacino di voti. Il consorzio, invece, è il Sol. Calatino.

Per il Cara una gara d’appalto da 100 milioni

L’impianto accusatorio della Procura è che Castiglione, attraverso le assunzione, avrebbe trasformato il Cara in una centrale di voti. Una ipotesi che sarebbe suffragata dalle parole di Odevaine, che ha scoperchiato il giro di malaffare intorno al Cara dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta romana. A suffragare lo scenario del voto di scambio vi sarebbero però anche le dichiarazioni di alcuni dipendenti del Cara, che hanno riferito ai magistrati di aver ricevuto la richiesta di fare la tessera del Ncd. Dunque, secondo l’accusa, il successo in zona del partito di Alfano, e di Castiglione in particolare, sarebbe da attribuire a questo sistema clientelare, basato sull’enorme flusso di denaro che serviva per la gestione del Cara e che, nel 2014, si concretizzò in una gara d’appalto da 100 milioni

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