Voucher, doppio autogol della Cgil (imbarazzata) che li contesta ma li usa

8 Gen 2017 12:52 - di Paolo Lami

La mano sinistra non sappia quel che fa la mano sinistra. Deve essere questo il principio alla quale si è uniformata la Cgil. Che, da un lato, denuncia le politiche del lavoro del governo Renzi. In particolare i voucher. Annunciando urbi et orbi, per voce della segretaria Susanna Camusso, di voler fare una battaglia per abolirli. E, dall’altro, se ne serve ampiamente. Per pagare i propri lavoratori saltuari e occasionali. Quei pensionati della Spi Cgil di Bologna (il sindacato dei pensionati, appunto) utilizzati di tanto in tanto per distribuire le tessere. E retribuiti proprio con i vouchers.

Un cortocircuito imbarazzante. Che provoca una nota interna della Cgil, se possibile ancora più imbarazzante. Perché diffonde un ordine di scuderia perentorio: “minimizzare con la stampa”, quella stampa che ha messo un dito nell’occhio alla Camusso. E reso evidenti le gigantesche contraddizioni della Cgil sui voucher. E, più in generale, su certe battaglie. Insomma: facciamolo, purché non si sappia. Purché non se ne parli. E che i panni sporchi si lavino in famiglia.

Da mesi la Cgil batte, instancabile, il chiodo dei vouchers nati per contrastare la pratica del lavoro nero. E, poi, abusati da aziende e perfino dalla Pubblica Amministrazione. Ha lanciato una raccolta di firme. E ha proposto un referendum abrogativo – sui cui quesiti si pronuncerà, fra tre giorni, la Corte Costituzionale – contro il Jobs Act e i voucher.

Appena quattro giorni fa la Camusso aveva usato parole di spregio per quei ticket con cui pagare i lavoratori saltuari: «I vouchers sono ormai diventati i pizzini che retribuiscono qualsiasi attività – aveva tuonato Susanna Camusso – Così facendo si inquina il buon lavoro e si condannano milioni di giovani e lavoratori a un futuro assai povero. Vanno aboliti».

Nel mirino, in quel caso, c’era la giunta Appendino, “colpevole” di aver applicato la delibera del predecessore Fassino. Che aveva previsto di utilizzare 50 giovani mediatori culturali per affiancare i dipendenti del Comune di Torino. Il pagamento – 25.000 euro – sarebbe stato in vouchers. Apriti cielo. Un’occasione ghiotta per la Camusso. Che è, appunto, tornata con forza, ad attaccare la politica dei vouchers.

Senonché viene fuori, appunto, che è la stessa Cgil a pagare con i vouchers i suoi lavoratori. Ammette il segretario regionale dell’Emilia Romagna, Bruno Pizzica, intervistato dal Fatto Quotidiano, che la decisione di utilizzare quei vouchers per propri lavoratori è stata concordata con la struttura nazionale della Cgil. L’imbarazzo si taglia a fette in Cgil.

E, come capita spesso in questi casi, l’eccesso di zelo non può che peggiorare la situazione. Così parte una nota interna, svelata pure questa, che ordina di “minimizzare” sulla faccenda imbarazzante. Meno se ne parla e meglio è. Pure questa nota “condivisa” con la segreteria nazionale della Cgil. Cioè con la Camusso.

“Alla notizia è stata data una visibilità notevole – si giustifica con il Fatto Quotidiano la segretaria confederale della Cgil nazionale, Tania Scacchetti che ha firmato la nota – ma è inaccettabile che si cerchi di oscurare il milione e più di firme raccolte dal nostro sindacato per abolire i voucher”.

Obiettivo dell’alert segreto, spedito in fretta e furia ai dirigenti del sindacato, è quello di scongiurare “i processi” e di evitare di “alimentare fratture nella organizzazione e nella sua immagine pubblica“. Un’immagine, quella della Cgil, oramai pesantemente compromessa.

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