Perché il ministro Pinotti “oscura” il lavoro delle forze armate all’estero?

23 Gen 2017 14:27 - di Antonio Pannullo

Il ministero della Difesa guidato da Roberta Pinotti, targato Renzi-Gentiloni, sta progressivamente limitando i viaggi dei giornalisti nei teatri internazionali caldi dove sono impegnati i nostri militari. Ci riferiamo alla Libia e all’Iraq, dove da tempo i giornalisti italiani non sono più ammessi a seguire da vicino le operazioni. Negli anni scorsi, come si ricorderà, le nostre forze armate ospitavano spesso la stampa sui loro aerei e nei loro compound: in Kosovo, in Bosnia, in Afghanistan, in Somalia persino, quello sì teatro “caldo”, e altrove. Ma un paio d’anni, però, le forze armate, anzi, il ministero della Difesa, non gradiscono più tanto la presenza di giornalisti in teatro. E questo è una duplice penalizzazione: da una parte alla stampa, perché non può fare il suo lavoro, e dall’altra – soprattutto – per le nostre forze armate, il cui lavoro sempre ottimo non può essere raccontato agli italiani dai giornalisti. Prima funzionava così: le testate chiedevano allo Stato maggior eun passaggio per i giornalisti sui mezzi militari, spesso scomodi ma aerei da trasporto, per poi alloggiarli nelle nostra basi militari e portarli in zona di operazioni, sempre coi mezzi italiani, con la protezione adeguata. Adesso i teatri più “tranquilli” come Libano, Balcani, etc. sono ancora accessibili, ma per i passaggi ci sono sempre difficoltà, mentre laddove succedono le cose, ossia in Libia e Iraq, non si può più andare.

La Difesa dovrebbe spiegare i motivi di questa scelta

Sarebbe opportuno che il ministero chiarisse i motivi, se ci sono, di questo brusco cambio di rotta, altrimenti i giornalisti dovranno limitarsi a raccontare di come la nostra Marina militare sia ridotta a fare da “scafista” ai clandestini che vogliono venire in Italia, andandoli addirittura a prendere davanti alle coste libiche per portarle comodamente nel nostro Paese. E uno dei motivi potrebbe essere proprio che il governo di sinsitra voglia mantenere un low profile nelle sue operazioni, per non far arrabbiare la stessa sinistra e l’ultrasinistra, ma non è possibile che per ragioni di bassa politica si metta il bavaglio alla libertà di stampa. Sì, qualche collega è stato portato col ministro in viaggio, ma quando si è trattato di vedere come i nostri soldati operano in loco, la stampa sia rimasta fuori dalla porta. E il motivo non può essere l’alta pericolisità della situazione, perché ricordiamo al ministro Pinotti che in alcuni casi, come ad esempio in Kosovo nel 1999, i giornalisti italiani arrivarono sul luogo prima delle forze armate italiane, anche se all’epoca il ministro Pinotti si occupava di scuola e non di forze armate. E poi, l’esercito ha portato più volte con i propri aerei i colleghi in Somalia, certamente il luogo più pericoloso del pianeta, per cui non si capisce perché oggi non si possa andare in Libia, dove il governo ha addirittura riaperto l’ambasciata. Quanto poi alle scelte del governo sull’appoggio ad al Sarraj, uno che non controlla neanche la sua città, questa è un’altra questione. O il governo di centrosinistra vuol fare come Obama, Premio Nobel per la Pace, che per evitare di far sapere quello che faceva in Libia, ha mandato i suoi aerei a bombardare in gran segreto le postazioni dei terroristi islamici, quasi vergognandosene?

(foto Military News from Italy)

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