Il “girotondino” D’Alema: «Fin quando ci sarà Renzi, il Pd non vincerà mai»

19 Gen 2017 12:09 - di Niccolo Silvestri

Acido e sprezzante come solo un Massimo D’Alema in vena di rivincita sa essere. Gli ultimi tre anni D’Alema li ha passati ad incassare le ironiche allusioni di Matteo Renzi, che si era consentito persino lo sfizio di gabbarlo sulla nomina di Alto rappresentante dell’Unione europea degli affari esteri, carica dal titolo pomposo cui l’allora Rottamatore gli preferì l’inesperta Federica Mogherini. Sedotto e abbandonato, neppure per un attimo D’Alema è stato tentato di appendere i guantoni al chiodo. Anzi ha continuato a rimuginare sulla rivincita e quando all’orizzonte si è profilato il referendum sulle riforme costituzionali ha ripreso a macinare e a ricostruire trame e alleanze, prima sottotraccia, poi alla luce del sole. E ha vinto: Renzi si è dimesso e ora a D’Alema non pare vero di poter “girare” al suo nemico dalle colonne del Corriere della Sera il grido disperato che contro di lui lanciò Nanni Moretti al tempo dei “girotondi” anti-Cavaliere: «Con Renzi non vinceremo mai».

D’Alema è stato intervistato dal “Corriere della Sera”

Una botta che più botta non si può. E non è l’unica che si può leggere nell’intervista al quotidiano di Via Solferino: «Diciamo le cose come stanno – ha infatti detto ancora D’Alema-: la caduta di Renzi è stata costruita da lui stesso. È stato lui a imporre con tre voti di fiducia una legge elettorale incostituzionale, per poi dopo tre mesi considerarla anche sbagliata. È stato lui a impostare il referendum come un grande plebiscito sulla sua persona; dopo un’esperienza di governo fallimentare, nonostante il favore al di là di ogni ragionevole limite del sistema dell’informazione, almeno di quella ufficiale; che non mi pare abbia comunque avuto una grande influenza sull’esito finale del voto». Difficile dargli torto.

«L’unica mano tesa verso Renzi è quella di Berlusconi»

Che quindi possa essere Renzi il il “giovane Prodi” evocato da Bersani di cui il centrosinistra avrebbe bisogno adesso, è pensiero che D’Alema esclude categoricamente: «Non mi pare la persona adeguata. Ormai è chiaro che con Renzi non vinceremo mai. Il Pd è un partito isolato. L’unica mano tesa verso il Pd è quella di Berlusconi, che ha bisogno del governo contro la scalata di Vivendi: do ut des». Anche sulla data del voto la distanza da Renzi è incolmabile e se questi sta brigando per votare a giugno, D’Alema definisce il tutto «un altro disegno velleitario». E prevede: «Dopo Torino rischiamo di perdere Genova». L’unico punto di contatto tra i due è la preferenza per il Mattarellum, anche perché – ha spiegato D’Alema – consentirebbe di ricostruire il centrosinistra a partire dai candidati nei collegi, scelti attraverso le primarie». Ma è davvero troppo poco per poter pensare che nel Pd possa ritornare il sereno.

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