Scoperta italiana: la Natività più antica risale a cinquemila anni fa

23 Dic 2016 11:32 - di

Il bambino accanto ai genitori, due animali nelle vicinanze, un astro nel cielo: potrebbe essere la più antica “Natività” ante-litteram mai scoperta finora. Quella raffigurata in una pittura rupestre fatta 5.000 anni fa in una piccola grotta del Sahara egiziano, ribattezzata come “Grotta dei Genitori“. Ne è convinto il geologo Marco Morelli, direttore del Museo di Scienze Planetarie di Prato. La grotta è stata scoperta durante una spedizione nel deserto organizzata con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e l’Università di Firenze.

Natività, il ritrovamento risale al 2005

Il ritrovamento risale al 2005. Ma i ricercatori hanno deciso di darne notizia solo ora dopo aver effettuato ulteriori sopralluoghi e approfondimenti. «La nostra spedizione geo-archeologica era nata con l’obiettivo di esplorare alcuni siti tra la valle del Nilo e il Gilf el-Kebir. Alla ricerca di strutture geologiche simili a crateri di impatto, pitture rupestri già note e alcune possibili cave di ocra usate dagli antichi egizi», racconta Morelli. «Dopo venti giorni nel deserto avevo finito il mio lavoro da geologo. E così, per curiosità, mi sono avventurato da solo lungo un canalone che si diramava dal fondo valle principale». Raggiunta una zona molto isolata, il ricercatore si è imbattuto in una piccola cavità simile a una grotta, scavata dall’acqua nella roccia.

Ricorda la Natività cristiana

«Una volta entrato, ho alzato gli occhi al soffitto e ho visto questa raffigurazione sorprendente, che mi ha subito ricordato la Natività della tradizione cristiana». Il disegno, l’unico della grotta, è stato realizzato in ocra rosso-bruno, probabilmente da tribù nomadi di cacciatori e raccoglitori del Neolitico. Al centro, tre figure umane stilizzate: un uomo a destra, una donna a sinistra (riconoscibile per le mammelle e la sinuosità delle forme) e al centro un bambino, posizionato poco più in alto rispetto ai genitori, con una forma quasi stellata, probabilmente a rappresentare l’auspicio per una nascita o una gravidanza. Sulle gambe e sulle braccia dei tre, si percepiscono ancora dei segni simili a bracciali e tatuaggi. Più lontani sono invece visibili due animali di difficile interpretazione: il primo, posto più in alto, ricorda i mitici ‘leoni acefali’ presenti in molte pitture rupestri della regione, mentre il secondo, in basso a destra, assomiglia a un babbuino o ad una scimmia antropomorfa.

Non ci sono altri esempi nell’antichità

Sulla destra, infine, è visibile una piccola figura circolare che potrebbe simboleggiare un astro all’orizzonte. «È probabile che la pittura rupestre rappresenti una raffigurazione “classica”, per quel periodo, della nascita di un bimbo e della formazione di un nucleo familiare, oppure di rituali di auspicio per la nascita di un figlio», sottolinea Morelli. «Nelle nostre ricerche non abbiamo trovato traccia di altre natività simili così antiche. Esistono molte scene familiari. Ma in contesti e posizioni molto diversi sono raffigurate battute di caccia, danze, persone che camminano. Invece qui troviamo una famiglia isolata. Avvicinata da due animali che sembrano partecipare all’evento della nascita. Sotto quello che sembra essere un astro. Non abbiamo trovato altre scene simili fino all’età paleocristiana».

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