L’isis rivenica l’agguato nel nord del Sinai costato la vita a 8 soldati egiziani

26 Nov 2016 12:18 - di Ginevra Sorrentino

Secondo i comunicati ufficiali emanati dalle autorità del Cairo sarebbero 8 i militari uccisi nell’agguato terroristico avvenuto nel nord del Sinai giovedì sera (24 novembre ndr), un attentato che replica in maniera quasi speculare quanto accaduto nell’aprile scorso, sempre nella regione del Sinai. O meglio: il portavoce militare egiziano sulla sua pagina Facebook ha parlato di «8 soldati delle forze armate e tre terroristi uccisi». Invece, in base a quanto rilanciato su Twitter dall’agenzia Amaq – che cita una propria fonte – non sarebbero meno di 15 i militari rimasti sul campo dopo l’attacco dei «combattenti dello Stato islamico a un checkpoint delle forze armate vicino al villaggio di al Sabil, a sud-ovest di el Arish», attacco in cui sono stati distrutti, sempre secondo l’agenzia, due carri M113. Quel che è certo, e che le due diverse fonti confermano, è che l’attentato è stato rivendicato e firmato col sangue dai jihadisti del terrore dell’Isis.

L’Isis rivendica l’agguato nel nord del Sinai

Ancora orrore. Ancora fumo di esplosioni. Ancora il suono assordante del boato che deflagra nell’aria. Ancora sangue e morte. Ancora guerra di numeri che nulla toglie, anzi, alla portata dell’orrore che continua a rinnovarsi ad ogni agguato, ad ogni vittima. Ad ogni nuova rivendicazione, l’ultima quella rivendicata dai combattenti Isis che firmano nel sangue la responsabilità di aver fatto saltare in aria il checkpoint dopo essersi appropriati di armi e munizioni, e che «poi sono rientrati alla loro base». Come drammaticamente noto, nel nord del Sinai da anni è attivo il gruppo Ansar Beit al Maqdis, che recentemente ha cambiato il suo nome nella Provincia del Sinai, giurando fedeltà all’Isis. Una vera e propria spina nel fianco per le autorità del Cairo che da anni combattono la formazione estremista portando avanti una campagna militare ribattezzata il Diritto del martire. Numerose le perdite registrate fra le forze della sicurezza del Paese nordafricano per gli attacchi e gli scontri armati organizzati da questa formazione. Alto, di contro, anche il numero dei terroristi uccisi nell’offensiva militare. Solo qualche giorno fa il gruppo fondamentalista islamico aveva annunciato la decapitazione di due capi religiosi beduini e aveva pubblicato alcune foto shock su Twitter che mostravano il loro martirio. I due prigionieri esarebbero stati uccisi – o meglio, giustiziati perché «infedeli». Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi nei giorni scorsi aveva esteso per altri tre mesi lo stato di emergenza ed il coprifuoco notturno in alcune aree del nord del Sinai, tra cui le città di Rafah, al Ouga e al Arish. Non a caso, a metà ottobre, in una serie di interviste ai principali quotidiani del Paese, il leader egiziano aveva affermato che la «battaglia contro i terroristi nel Sinai sarà lunga». Lunga e sanguinosa.
LDN/LDN

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