Etruria, la Consob si sveglia: “avvisi” a 30 (c’è anche il papà della Boschi?)

19 Nov 2016 14:35 - di Paolo Lami

La Consob (finalmente) si sveglia su Banca Etruria. E spedisce 30 lettere che preludono altri guai per gli ex-vertici di Banca Etruria.
Finita sei mesi fa sotto la lente degli investigatori della guardia di Finanza che sta svolgendo accertamenti su Banca Etruria per conto della Procura di Arezzo, la Commissione per le società e la borsa, chiamata più volte in causa dai risparmiatori beffati, ha annunciato così, alla fine di ottobre, agli ex-vertici di Etruria l’inizio del procedimento sanzionatorio amministrativo previsto dalla legge.
Una sorta di “avviso di garanzia” che consente agli “indagati” di predisporre la propria difesa e di far arrivare le proprie motivazioni a discolpa.
Le contestazioni contenute nelle 30 lettere riguardano le obbligazioni subordinate emesse fra il 2012 e il 2013, quelle che poi sono state azzerate dal decreto di risoluzione del 22 novembre di un anno fa.
A riceverle trenta ex-amministratori o dirigenti ovvero i membri degli ultimi due consigli d’amministrazione (il papà della ministra Maria Elena Boschi, Pierluigi Boschi, era vicepresidente dal maggio 2014 al febbraio 2015), i due direttori generali che hanno guidato la struttura della vecchia Bpel nel periodo finale della sua esistenza, Luca Bronchi e Daniele Cabiati, e altri dirigenti in cima alla scala gerarchica esecutiva.
Le contestazioni più gravi, secondo quanto si apprende, sono dirette ai componenti del Consiglio di amministrazione presieduto da Giuseppe Fornasari, che cessò dall’incarico nel maggio 2014, il cda che decise l’emissione delle subordinate per rafforzare il patrimonio di vigilanza e in particolare le ultime due emissioni di giugno e ottobre 2013 per un valore di circa 160 milioni. Al Consiglio successivo, guidato da Lorenzo Rosi, si contesta di non aver modificato subito il profilo di rischio visto l’aggravarsi della situazione finanziaria della banca.
La lettera consente ai destinatari di difendersi e di presentare le proprie controdeduzioni. Poi Consob deciderà se irrogare le multe che possono teoricamente arrivare fino a 250 mila euro a testa.

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