Arrestato Moez Fezzani, il terrorista tunisino che reclutava jihadisti in Italia

14 Nov 2016 13:54 - di Martino Della Costa

Per sua stessa ammissione ha vissuto in Italia per quasi dieci anni, tra l’88 e il ’97: un decennio trascorso nel Belpaese da uomo libero. Ma oggi il terrorista tunisino Moez Fezzani, conosciuto come Abu Nassim, considerato tra i reclutatori dell’Isis all’interno dei nostri confini, è stato arrestato in Sudan, dove l’Intelligence italiana l’ha fermato e individuato. Avrebbe fatto parte, tra il ’97 e il 2001, di una cellula del “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento” con base a Milano, che ingaggiava uomini da inviare nei Paesi in guerra. Per questo, nel 2014, Fezzani è stato condannato definitivamente a Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo. Ma nel 2012 era stato assolto in primo grado e espulso dall’Italia.

Fermato in Sudan il terrorista tunisino Moez Fezzani

Dalla Tunisia alla Libia, passando per l’Italia e fino in Siria: Fezzani sembrava introvabile. Di più, inafferrabile: il terrorista e reclutatore di miliziani per l’Isis era ricercato in base ad un mandato di cattura internazionale, dopo la condanna definitiva a 5 anni e 8 mesi, emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Milano per associazione per delinquere con finalità di terrorismo. Poi, però, il vuoto. Il buio. Il silenzio. Fino a poche ore fa, quando il terrorista tunisino è stato individuato in Sudan grazie al lavoro di due agenzie di intelligence italiane. Un lavoro di ricostruzione meticolosa di dati, analisi e incrocio degli stessi: elementi che sono andati a comporre nel tempo il curriculum criminale – e processuale – di Abu Nassim, nato a Tunisi nel 1969, e considerato militante di Al Qaida in Afghanistan, oltre che noto da più di un ventennio per le sue attività nell’ambito di una delle formazioni satellite di Al Qaida, Ansar Al Sharia Tunisia (AST). Catturato in Pakistan nel 2002, è stato detenuto nella base statunitense di Bagram e poi estradato in Italia. Nell’aprile 2012, dopo un periodo di detenzione, viene espulso in Tunisia. Successivamente viene localizzato in Libia, dove gestisce campi di addestramento per aspiranti mujaheddin. Nell’estate 2013, raggiunge la Siria, per poi rientrare nuovamente in Libia nel 2014 dove recluta aspiranti combattenti. Ma a casa sua, in Tunisia, nel frattempo era ricercato per l’organizzazione degli attentati al Museo del Bardo e all’Hotel Imperial di Sousse.

Fezzani, ai giudici disse «Sono pio e religioso»

Nell’agosto scorso fonti locali avevano diffuso la notizia dell’arresto a Sirte di Moez Ben Abdelkader Fezzani. L’informazione divulgata a tempo record si sarebbe rivelata presto falsa. Oggi invece l’Intelligence italiana l’ha fermato veramente in Sudan. La storia di Fezzani, conosciuto anche col nome di Abu Nassim, si articola in diversi continenti, e si ferma per quasi dieci anni in Italia dove, tra l’88 e il ’97, il terrorista tunisino ha agito sotterraneamente in cerca di jihadisti da spedire in Libia e in Siria. E non solo…. Durante un interrogatorio a Milano, davanti al gip Guido Salvini e al pm Elio Ramondini, tenutosi nel dicembre 2009, dopo la sua consegna all’Italia da parte degli Usa, Fezzani raccontò: «Ho vissuto a Milano (in via Paravia nel quartiere San Siro, ndr), Napoli, Bolzano e Valle d’Aosta. A Napoli ho fatto il bracciante, a Milano ho venduto eroina e hashish prima di diventare un uomo pio e religioso». Un uomo «pio e religioso» che agiva pericolosamente nell’ombra e che venne consegnato alla magistratura milanese  solo grazie a un accordo tra l’allora premier Silvio Berlusconi e Barack Obama (anche altri due presunti terroristi detenuti a Guantanamo erano stati consegnati all’Italia).

Organizzava la logistica dei mujaheddin provenienti dall’Italia

E allora, secondo il capo d’imputazione dell’epoca formulato dai magistrati milanesi, Fezzani, assieme ad altri, avrebbe fatto parte di una «articolazione» in Italia del “Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento” che operava «in diretto collegamento con una rete di analoghi ed affini gruppi» attivi in Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio, Francia, Algeria, Pakistan, Afghanistan e Tunisia. E, in particolare, Abu Nassim, tra il ’97 e il 2001, dopo aver lasciato Milano, dal Pakistan avrebbe avuto il compito di «organizzare la logistica dei mujaheddin provenienti dall’Italia che venivano addestrati all’uso delle armi e alle azioni suicide». E non solo. Avrebbe anche organizzato e finanziato «il rientro dei mujaheddin» a Milano. Nel 2012, dopo più di due anni di carcere in Italia, la Corte d’Assise di Milano l’aveva assolto. Dopo il proscioglimento sono arrivati, però, prima un provvedimento di espulsione e poi la condanna in appello diventata definitiva. Per l’Italia Fezzani era dunque latitante. Fino ad oggi.

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