Abusi persino in confessione: ecco perché Don Inzoli è stato condannato

26 Nov 2016 9:59 - di Roberto Mariotti

Don Inzoli li ha baciati, palpeggiati nel suo studio in parrocchia. L’ha fatto durante gli incontri spirituali dove si discuteva dei libri di don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Con un ragazzo è accaduto durante la confessione. Con un altro in ospedale, con un altro ancora durante un soggiorno a Rimini. Ma gli abusi sessuali sui ragazzini di Gioventù studentesca, il leader carismatico di Cl, 66 anni, li ha commessi anche nella sua camera d’albergo. In estate a Falcade (Belluno), in inverno a Grosseto.

I racconti dei giovani su Don Inzoli

Gli abusi di Don Inzoli sono andati avanti per anni. Don Inzoli approfittava con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio», ha scritto il gup Letizia Platè. Tradiva la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali. E anche nel corso del sacramento della Confessione. Alle proprie condotte dava persino un significato religioso «confondendo ulteriormente i giovani».

I racconti delle vittime

Venti le pagine di motivazione della sentenza di condanna a quattro anni e nove mesi di reclusione. Don Inzoli era soprannominato don Mercedes per il suo vezzo di girare sulle auto di lusso. La condanna è per le molestie sessuali compiute, dal 2004 al 2008, su cinque ragazzini, 12 anni il più giovane, 16 il più grande. Tutti vittime di una «forte sottomissione psicologica». Sono cinque i minori che si erano costituiti parte civile e che Don Inzoli ha risarcito con 25mila euro a testa. Ma le vittime sono molte di più. Il gup parla di «una pluralità indiscriminata di soggetti, all’epoca minorenni». Abusati «sin dalla metà degli anni Novanta». Sono casi prescritti. Persino a citazioni della Bibbia e del Vecchio Testamento è ricorso Don Inzoli per spiegare ai ragazzi le sue avances. Lo racconta ai poliziotti una vittima di attenzioni sessuali dal 1995 al 2000.  Un ragazzo racconta che nel 1996 don Inzoli lo toccò «nel corso della confessione». Poi, alla sua richiesta di spiegazioni, giustificò gli atti sessuali, «facendo riferimento a una sorta di “battesimo dei testicoli” che gli aveva presentato come un rituale ebraico citato nell’Antico Testamento come segno dell’affetto del padre nei confronti del figlio».

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