Assolto anche in appello il senatore D’Alì. La soddisfazione di Forza Italia
La quarta sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con la quale era stato assolto in primo grado il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura generale aveva chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione. D’Alì è stato assolto per i fatti successivi al 1994 mentre sono state dichiarate prescritte le accuse per le contestazioni di eventi precedenti al 1994. Secondo l’accusa, D’Alì avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per importanti opere pubbliche. Per gli inquirenti, il collegamento dell’esponente di centrodestra con gli interessi mafiosi sarebbe emerso in modo significativo dalla vicenda del prefetto Fulvio Sodano che venne trasferito da Trapani mentre cercava di opporsi al tentativo della mafia di riappropriarsi della Calcestruzzi ericina, un’azienda sequestrata al boss Francesco Virga.
Gasparri: “Lieto dell’assoluzione di D’Alì”
«Sono lieto della confermata assoluzione del senatore D’Alì, che ha proseguito con impegno e serietà la sua azione politica, e con la serenità di chi sa di non aver violato alcuna legge». Lo dichiara il senatore Maurizio Gasparri, di Forza Italia. «Conosco Tonino D’Alì da oltre venti anni, gli sono amico e non ho mai avuto dubbi sulla sua innocenza». Così l’ex presidente del Senato Renato Schifani. «L’assoluzione di oggi – prosegue Schifani – ribadita in sede di appello, dimostra una volta di più la sua integrità morale e la sua totale estraneità ai gravi fatti che gli venivano contestati. La verità ha prevalso su ogni altra cosa ed è una buona notizia per tutti quelli che credono nella giustizia». Per il presidente dei senatori di Forza Italia, Paolo Romani, «l’assoluzione in appello dell’amico senatore Antonio D’Alì è una bellissima notizia. La sua correttezza e il suo costante impegno nelle aule parlamentari, che ho avuto modo di apprezzare personalmente, ne fanno un esempio da seguire. La decisione della Corte d’Appello di Palermo – conclude Romani – rafforza questo mio convincimento e sgombra il campo da accuse che si sono dimostrate totalmente infondate».