L’Iran lancia la guerra ai “Nutella Bar”: minacciano la nostra cultura

19 Ago 2016 14:39 - di Redazione

L’Iran lancia una guerra contro i “Nutella Bar“. Il divieto è arrivato direttamente dall’Accademia della lingua e della letteratura iraniana: gli ayatollah “temono” che i “Nutella Bar” (molto diffusi in Iran)  possano minacciare la plurimillenaria cultura persiana. A livello teorico, le parole straniere sono vietate nelle pubblicazioni locali perché si tenta di garantire una purezza della lingua che spesso, alla prova dei fatti, risulta inutile. Questa volta a finire nel mirino  sono stati i “Nutella Bar”, dove si servono crepes con la nota crema di cioccolato alla nocciola italiana inventata dalla famiglia Ferrero in Piemonte.

Iran, i “Nutella Bar” proliferano a Teheran

Non sono locali in franchising, ma ne sono nati molti in autonomia. «Dei Nutella Bar si sono purtroppo recentemente diffusi negli ultimi tempi a Teheran», ha scritto il presidente dell’Accademia in una lettera alla polizia proponendo l’utilizzo di una formula alternativa che suona “Nane dagh chocolate dagh”, vale a dire “Pane speciale con cioccolato”.
Una formula meno accattivante ed è molto improbabile che i gestori dei “Nutella bar” si adeguino.

La guerra dell’Accademia della lingua per evitare contaminazioni

Un locale, ad esempio,  per aggirare il veto ha cambiato il nome di “Nutella Bar” in “Nubella Art”. La guerra dell’Accademia persiana avviata nel tentativo di evitare contaminazioni, in particolare dall’inglese, sembra destinata ad essere persa in partenza. Se “balgard” (“ala rotante”) per “elicottero” sta avendo un qualche successo, praticamente nessuno usa “durnegar” (“scrittura da lontano”) invece di fax e rayaneh (“macchina organizzatrice”) per computer. Sebbene le riviste non possano contenere parole straniere, tuttavia le insegne commerciali iraniane ormai grondano di parole estere. Comunque, per quanto riguarda il caso dei “Nutella Bar”, più che la crema di cioccolato creata nei primi anni Sessanta del XX secolo in Piemonte, è la parola “Bar” ad aver fatto girare la testa agli accademici: somiglia troppo a quella utilizzata per i locali dove si servono alcolici.

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